L’indice PMI manifatturiero della Germania si spinge ai minimi del 2012.
Trascina al ribasso l’intera Eurozona influenzando ora anche il comparto dei servizi dimostratosi sinora resiliente al declino dell’industria.
Anche l’inflazione tende a flettere avallando le indicazioni operative offerte dal Presidente della BCE Mario Draghi in merito al nuovo programma QE.
La contrazione manifatturiera della regione è stata causata dal più veloce peggioramento delle condizioni operative in Germania, con il rispettivo PMI che è crollato al livello più basso da giugno 2012 e 2009. L’indebolimento della domanda è stato evidente sia nel mercato intra europeo che nelle esportazioni extra europeo. Gli ultimi dati rilevano come gli ordinativi dall’estero, incluso il commercio nell’eurozona, siano regrediti ad un tasso parzialmente inferiore ai minimi degli ultimi otto anni.
Gli indicatori che anticipano le tendenze (per esempio il rapporto ordini/giacenze) sono peggiorati ulteriormente nel mese di ottobre. Il pessimismo che si rileva nei sondaggi delle aziende si concentra soprattutto sui temi che governano il sentiment congiunturale: dazi e Brexit.
I RIFLESSI SULL’ITALIA
Essendo la manifattura italiana fortemente legata a quella tedesca, stupisce in positivo il fatto che la debolezza dell’indice risulti meno accentuata rispetto a quella dell’area core. I produttori di beni di investimento hanno continuato a riportare significative riduzioni della produzione, dei nuovi ordini, delle esportazioni nonché sulle attività di acquisto.
I PUNTI CRITICI NEL COMMERCIO GLOBALE RIMANGONO LE GUERRE COMMERCIALI
Cercando di comprendere, oltre l’Eurozona, quali possano essere i segnali che giungono dagli Stati Uniti per delineare quale sia lo scenario globale, si evince un dato di sostanziale contenuta debolezza. E’ una buona notizia che al momento non solleva gli animi. Si trattiene ancora il giudizio sul 2020. Gli indici PMI, a differenza dell’analogo ISM, sul grado di fiducia delle imprese americane riporta ancora valori superiori a quota 50, ovvero al livello che delimita l’area di crescita. Purtroppo, secondo l’opinione comune, i temi che hanno contribuito al rallentamento globale sono lungi dall’essere ricomposti. Va comunque rilevato un dato importante, per la verità non coperto dalle informazioni economiche generali: il rapporto di cambio dollaro yuan sta scendendo.
IL RITORNO DEL USD CNY VERSO QUOTA 7 PUò RAPPRESENTARE UNA BUONA NOTIZIA
Il rapporto di cambio usd cny sta ritornando verso la soglia dei 7 yuan renminbi per dollaro. Come scriviamo da mesi l’andamento del cambio rappresenta una proxy dello sviluppo dei colloqui sul commercio tra Casa Bianca e Pechino. L’apprezzamento dello yaun smobilita in parte l’azione compensativa guidata dalla PBoC per creare pressioni ai negoziatori americani.
Un eventuale recupero dello yuan sul dollaro al disotto della soglia 6.95, potrebbe anticipare sviluppi positivi sulla strada di un accordo.
Gli sviluppi politici sulle trattative commerciali tra Stati Uniti verso Cina ed anche Eurozona costituiscono un punto fermo sulle prospettive economiche per il 2020. Esse tenderanno ad influenzare il commercio globale, le esportazioni e di conseguenza il mercato dei cambi. Più precisamente condizioneranno i tassi di cambio, l’andamento tra euro e dollaro.
IL POSIZIONAMENTO COMPETITIVO PER IL 2020
In questo periodo la gran parte delle aziende sta completando l’elaborazione del budget per il 2020. Uno dei punti più significativi da risolvere riguarda la definizione dei cambi di riferimento per costruire i listini verso l’export e l’import. Le variabili e le criticità di cui sopra costituiscono il punto di partenza per il posizionamento competitivo di ogni impresa.
WB ANALYTICS: USD CNY TREND 21.10.2019