Questa settimana vedrà alcuni importanti aggiornamenti sull’inflazione da Stati Uniti e Cina, nonché alcuni nuovi dati sul PIL del Regno Unito che avranno impatto sulle future decisioni di politica monetaria in una Banca d’Inghilterra indecisa. Il calendario macro economico offre spunti interessanti anche dal rilascio dei dati sul GDP relativo al terzo trimestre 2021 per Norvegia, RAS di Hong Kong e Filippine oltre ai dati sui prestiti dalla Cina. In Europa seguiremo con estrema attenzione i rapporti sulla produzione industriale dopo il segnale di rallentamento registrato dal comparto manifatturiero.
La scorsa settimana abbiamo avuto la conferma dell’avvio del tapering da parte della Fed statunitense che inizia a ridurre i suoi acquisti di asset intraprendendo con altre banche centrali, Reserve Bank of Australia e Bank of Canada, una linea più aggressiva nei confronti del contrasto alla distorsione dei prezzi. Di conseguenza i numeri sull’inflazione riportati negli Stati Uniti saranno oggetto di ulteriori analisi per comprendere se tale linea potrà subire ulteriori restrizioni. In particolare gli operatori sono ora concentrati sul timing dell’avvio del rialzo dei tassi di interesse. La curva Fed Funds ha anticipato l’avvio di tali misure alla seconda metà del 2022. Gli aggiornamenti dell’IPC e del PPI e le aspettative di inflazione dei consumatori aiuteranno quindi a valutare la misura in cui stanno aumentando le pressioni sui prezzi e se il ritmo di riduzione del QE annunciato di 15 miliardi di dollari/mese dovrà essere adeguato nei prossimi mesi.
Al contrario invece, la Banca d’Inghilterra con una mossa a sorpresa ha raffreddato le attese di un possibile rialzo dei tassi, preferendo attendere maggiori informazioni sulla resilienza dell’economia ed in particolare del mercato del lavoro. I dati sul PIL di settembre forniranno quindi al Board della BoE maggiori dettagli sul ritmo di ripresa dell’economia britannica.
Da una prospettiva più ampia, la direzione futura della politica monetaria nel mondo rimane in larga misura dipendente dal grado in cui le attuali pressioni inflazionistiche risultano transitorie. A tale riguardo, i dati sui prezzi alla produzione pubblicati per la Cina potrebbero rivelarsi illuminanti, soprattutto perché qualsiasi forte aumento potrebbe alimentare i timori che i prezzi più alti delle merci esportate possano alimentare le pressioni inflazionistiche globali.
La crescita economica globale nel frattempo ha ripreso slancio all’inizio del quarto trimestre poiché le interruzioni delle attività commerciali in molti paesi sono diminuite in linea con una riduzione del numero di casi di COVID-19. Sebbene al di sotto del tasso di espansione osservato all’inizio dell’anno, i valori registrati sul fronte della crescita rimangono comunque al di sopra della media di lungo periodo.
Tuttavia, il ritmo della ripresa non si sta manifestando in egual misura tra le diverse aree economiche. Le statistiche informano che l’aumento dei casi associati alla diffusione della variante Delta nell’Eurozona e in Russia, impattano sul ritmo della ripresa e le preoccupazioni sui virus continuano a limitare la crescita anche in altre economie, in particolare in Cina.
Ciò scritto il tasso di espansione economica globale ha accelerato per il secondo mese consecutivo in ottobre. L’indice JPMorgan Global PMI™ è salito da quota 53,3 di settembre a 54,5 di ottobre, recuperando il massimo di luglio. Rispetto a una media di lungo periodo pre-pandemia dell’indice pari a 53,6, l’ultima lettura segnala una crescita del PIL globale trimestrale annualizzata superiore al trend di circa il 3,5%.
GLOBAL PMI MARKIT
MARKET MOVER MONITOR WEEK FOREX
La scorsa settimana si è conclusa con la lettura dei dati sull’occupazione USA del mese di ottobre. L’esito superiore alle attese non ha spinto l’eur usd definitivamente sotto la soglia 1,1530 dopo i ripetuti tentavi operati nel pomeriggio. La chiusura sopra tale livello, nonostante il temporaneo sconfinamento in direzione di 1,1510 eur usd, ha annullato il primo trigger breakout. Ritorneremo quindi a guardare il consueto range che ci sta accompagnando da inizio ottobre pur mantenendo una visione riflessiva allineata sempre all’Outlook che indichiamo da inizio anno.
In termini generali il dollaro rimane sostanzialmente comprato contro gran parte delle monete, il Dollar Index infatti continua a fissare nuovi massimi di periodo muovendo in direzione di quota 96. Tra le divise più significative è tornato a perdere nei confronti dello yen e dello yuan renminbi. Contro yen il cambio dopo aver fissato un picco in area 114,75 il 20 ottobre, sta aprendo una fase correttiva: sotto 113,25 ci aspettiamo un ritorno dei valori verso 112 ovvero 129/8 contro euro.
Nel lungo ed ininterrotto confronto tra Usa e Cina il rapporto di cambio continua a fluttuare tra un cap in area 6,55 ed un floor a 6,40/35. Nelle ultime due settimane abbiamo osservato una parziale perdita di momentum del dollaro con le verifiche del floor indicato. Le reazioni seguite al test dovrebbero imprimere la forza per riportare le negoziazioni nuovamente verso il cap 6,545/55 usd cny. Ciò tenderà a mantenere il cambio eur cny inserito sempre in un contesto caratterizzato dalla debolezza dell’euro, interrotto solo temporaneamente da parziali correzioni. Il nostro Outlook in merito rimane sempre orientato a verificare l’obbiettivo indicato ad inizio anno a quota 7,20 eur cny.
Per un rapporto dettagliato sull’andamento di tutto il mercato Forex con gli impatti sulle strategie di Risk Management vi rimandiamo al nostro Outlook di scenario in aggiornamento per il mese di novembre.
MARKET MOVER MONITOR WEEK COMMODITY
Dalla scorsa estate, con un anticipo sui tempi elaborato a fine maggio, stiamo fornendo indicazioni su una potenziale correzione delle commodity industriali. Il rame è stata la prima commodity a subire un’effettiva azione correttiva. Lo hanno seguito il minerale di ferro 62% (-47%), alcuni contratti future sull’acciaio(-15/20%). Più recentemente abbiamo osservato, in linea con le nostre attese, l’allineamento dell’alluminio a questo movimento. Il contratto future trattato al LME dal picco fissato il 18 ottobre a 3200 usd/t è sceso del 20% fissando lo spot a 2490 usd lo scorso venerdì. Il nickel appare più resiliente ma la struttura della curva future rimane anch’essa orientata a proiettare i prezzi nuovamente verso l’area 18400/18000 dove abbiamo fissato un primo trigger sotto il quale riteniamo che siano presenti ordini di vendita condizionati.
Sul comparto energetico abbiamo segnalato sempre a metà ottobre un forte segnale di reversal sul Natural Gas europeo TTF . Il 5 ottobre il prezzo del gas naturale ha toccato il massimo storico di 162 euro al megawattora per correggere successivamente in area 80/100 euro. Come scritto successivamente nel nostro WB COMMODITY PERSPECTIVES di ottobre e ribadito in un post (motivazioni del rialzo e ragioni per un riequilibrio dei prezzi) più recente, ci aspettiamo che il segnale indicato riporti i valori verso 45/40 euro, per spingerli in una seconda fase verso quota 30/26 euro, valore a cui oggi attribuiamo il corretto equilibrio.
Anche sul Brent crude oil dopo il picco a 86 usd/bar abbiamo aperto una raccomandazione di realizzo delle coperture al rialzo in attesa che si manifesti una correzione verso area 77 usd/bar.
Riteniamo che questi importanti segnali debbano portare il mercato a riequilibrare i prezzi. La prima gamba correttiva scontava l’annuncio del tapering vedremo se in futuro un eventuale comunicazione preparatoria delle banche centrali orientata all’apertura di una fase di rialzi dei tassi possa contribuire a completare l’opera attesa.
Nei prossimi mesi invernali dovremo monitorare il percorso della ripresa unito all’evoluzione dell’epidemia Covid. Una recrudescenza dei contagi potrebbe rallentare il ritorno ad una forma apparente di normalità della politica monetaria operata dalle banche centrali con ripercussioni su tutti i mercati.