Sul percorso di riduzione dei tassi registriamo nelle ultime ore diverse prese di posizioni da parte dei banchieri centrali.
Il presidente della Fed Jerome Powell, in una dichiarazione rilasciata venerdì scorso, ha detto che è bello vedere che il PCE è in linea con le aspettative e che la lettura di febbraio è decisamente in linea con ciò che vogliono vedere.
Rispondendo indirettamente alle varie pressioni del mercato sulle opzioni di policy della FED, Powell ha fatto notare che al momento i rischi sono bilanciati in merito alla riduzione dei tassi: tagliarli troppo presto potrebbe rivelarsi un boomerang, tuttavia attendere troppo a lungo potrebbe produrre danni all’economia e al mercato del lavoro.
Anche in Europa aumentano le prese di posizioni sulla riduzione dei tassi da parte di esponenti del Board della BCE:
Robert Holzmann ha affermato che la Banca centrale potrebbe abbassare i tassi di interesse prima degli Stati Uniti e ha osservato che l’economia europea sta crescendo più lentamente di quella statunitense, mentre ha affermato che i tempi dei tagli dei tassi dipenderanno in gran parte dall’andamento dei salari e dei prezzi entro giugno.
Yannis Stournaras consigliere BCE ha dichiarato che la Banca potrebbe potenzialmente tagliare i tassi per un totale di 100 punti base quest’anno, ma ha aggiunto che non c’è ancora consenso all’interno della banca centrale su questo.
A conti fatti le tre dichiarazioni non aggiungono nulla di nuovo alla lunga teoria di commenti rilasciati egli ultimi mesi dai banchieri centrali sul tema Riduzione Tassi.
Pensiamo che le banche centrali in questo momento stiano parlando più ai mercati obbligazionari che a quelli azionari. La loro continua proposizione sulla riduzione dei tassi in un futuro prossimo incoraggia gli investitori ad aumentare le posizioni lunghe in bond piuttosto che le imprese ad assumere nuovi prestiti.
Chi segue il nostro blog piuttosto che gli streaming INSIDE CENTRAL BANK, conosce la nostra posizione sui tassi.
Lo scorso anno agli inizi di settembre abbiamo indicato l’avvio dei primi segnali di ribasso sui tassi IRS. Da allora il mercato ha anticipato le future mosse delle banche centrali. A dicembre le quotazioni dell’EurIRS accusavano rispetto ai massimi del 2023 una regressione significativa: il 5 Y dal 3,5 fissava un minimo al 2,35%; il 2 Y dal 4 al 2,75%.
La pausa di questi primi tre mesi del 2024 ha consentito al mercato di consolidare la prima leg ribassista. Le dichiarazioni di cui sopra, rilasciate dai banchieri centrali, a cui dobbiamo aggiungere quelle altrettanto nette di Fabio Panetta, governatore Bankitalia e membro del Consiglio BCE, sono principalmente indirizzate al mercato dei tassi. Pensiamo che si voglia alimentare ulteriormente l’aspettativa di riduzione dei tassi, incoraggiando gli operatori a scontare per tempo la manovra di accomodamento. Nel nostro nuovo rapporto di aprile – WB PERSPECTIVES RATES – abbiamo quindi confermato le nostre attese sui tassi IRS e l’Outlook sui rendimenti dei Bond governativi.
La riduzione dei tassi sostiene i prezzi dell’oro
I rialzi dei prezzi dell’oro confermano le nostre aspettative sull’avvio del ciclo di allentamenti. Agli inizi di marzo commentavamo la spinta rialzista dei corsi dell’oro in dollari oltre i picchi storici fissati in precedenza indicando uno scenario di lungo termine governato da una forte domanda di oro.
L’oro in apertura di settimana ha esteso il suo rally fissando un nuovo massimo a 2.260 usd/oz. Nel frattempo, il rendimento benchmark dei titoli del Tesoro USA a 10 anni quotano 4,3%, confermando l’analisi di cui sopra. Le iniziali condizioni di ipercomprato potrebbero favorire temporanee prese di beneficio del gold verso area 2200/2100 usd, tuttavia il trend appare orientato a proiettare i prezzi dell’oro oncia nel medio termine in direzione di 2550 usd.
Commodity: i prezzi di petrolio e natural gas potrebbero complicare il quadro alla banche centrali?
Ciò che invece potrebbe disturbare la comunicazione dei regulators e minacciare il quadro assertivo sul percorso di avvicinamento alla riduzione dei tassi, proviene dall’andamento delle contrattazioni sul petrolio. I future sul Brent oil di giugno stanno scambiando su livelli che incorporano potenziali rischi rialzisti correlati alla recente riduzione delle produzione giornaliera da parte della Russia, nonostante il rapporto dell’EIA della scorsa settimana abbia evidenziato un livello delle scorte piuttosto in equilibrio con le medie a cinque anni. Per sgombrare il terreno da eventuali tensioni che il rialzo dei prezzi del petrolio potrebbero produrre sull’inflazione attesa e quindi sull’azione delle Banche Centrali in vista dei tagli dei tassi, risulterebbe opportuno che le quotazioni ritornassero al di sotto della soglia degli 85/83 usd/bar. Tuttavia il nostro modello segnala rischi di apprezzamento in direzione di 95/100 usd/bar.
L’andamento del petrolio focalizza l’attenzione della FED, quanto quello del Natural Gas europeo preoccupa la BCE. I future sul TTF scambiano al momento in una fascia di valori che non desta particolari apprensioni. Non di meno i nostri modelli stanno rilevando la presenza di alcune tensioni sul rapporto tra domanda ed offerta che potrebbero animare nuove aspettative di rialzo.
Le continue tensioni geopolitiche tendono a scaricarsi nelle dinamiche di contrattazione sia del petrolio che del gas. Per tale ragione il nostro servizio di Risk Management Advisory su FX, Commodity e Interest Rates, prevede un continuo monitoraggio dei potenziali rischi di mercato. In particolare quelli dipendenti dai prezzi dell’energia tendono ad impattare su tutti e tre i segmenti di mercato da noi monitorati.
In questo momento abbiamo messo a fuoco per il benchmark sul gas europeo, i future sul TTF, il range 30/26 eur mwh. Eventuali strappi oltre 29/30 euro rischiano di innescare un potenziale rally rialzista che, oltre ad impattare sui costi energetici di produzione delle aziende, può mettere in allerta la BCE. Secondo le indicazioni che emergono dall’analisi dei nostri dati il depotenziamento di tali segnali coinciderebbe con una flessione dei valori al disotto della soglia dei 26 eur/mwh.
EUR/USD: mantiene la posizione al di sotto del livello psicologico di 1.0800
Al momento non rileviamo traccia sul mercato FX di una diversa postura da parte dei consiglieri della Banca centrale. Il mercato continua a guardare alla debolezza dei fondamentali in Eurozona ed alla conseguente necessità da parte del Regulator di ridurre i tassi di riferimento. L’eur usd è sceso sotto la soglia di baricentro 1,0830 la scorsa settimana. Nel nostro FX Outlook di aprile abbiamo evidenziato un prossimo livello di sostegno tecnico in area 1,0710. Pensiamo che sotto tale livello siano presenti altri stop loss order su precedenti acquisti di euro operati dal mercato. L’andamento dei dati preliminari sull’inflazione tedesca di marzo (martedì 2 aprile) attesi in flessione nella rilevazione tendenziale annua 2,2% IPC, uniti a quelli sull’inflazione in Eurozona in calendario mercoledì, stimati anch’essi in ulteriore raffreddamento, impatteranno certamente sulle quotazioni di eur usd.
Altrettanta attesa rivestono i dati sulle statistiche relative al mercato del lavoro negli Stati Uniti. Venerdì l’U.S. Bureau of Labor Statistics riporterà i dati sull’occupazione di marzo: il consensus stima 205k nuovi occupati, un incremento dello 0,3% del costo orario medio ed un tasso di di disoccupazione stabile al 3,9%. Se confermati la lettura di questi dati dati manterrebbe un certo supporto al dollaro.