La Federal Reserve con una riunione del FOMC d’urgenza e non calendarizzata, decide di dar vita al Quantitative Easing IV, quarto programma di stimoli monetari.
E’ la conferma che gli interventi sul mercato Repo erano dettati da fattori più profondi rispetto alle motivazioni suggerite dai media.
Negli ultimi due mesi abbiamo dedicato la copertina del nostro Outlook mensile,
WB PERSPECTIVES, (
WB ANALYTICS: DOLLAR INDEX VS. QUANTITATIVE EASINGsettembre, Pump Up the Volume ottobre) alla nuova fase emergenziale della liquidità. Abbiamo anticipato l’annuncio della BCE ed in seguito ventilato la medesima opzione nelle decisioni della Fed. A distanza di 10 anni da quando sono stati attivati i primi piani di allentamento monetario, le banche centrali ritornano a pompare nuova liquidità per far fronte alle richieste dei mercati.
La Riserva Federale immetterà 60 miliardi di dollari mensili sino all’estate del 2020. Garantirà quindi liquidità per buona parte della campagna elettorale delle presidenziali in calendario agli inizi di novembre del 2020.
C’è ragione di credere che gli interventi Repo non hanno soddisfatto le richieste di liquidità delle banche alimentando i rischi per un possibile incidente di percorso. Molte voci di mercato mettono sul piano delle cause possibili difficoltà di primari istituti europei e giapponesi che operano sulla piazza di NY.
Si tratta ora di verificare quale possa essere l’effetto di questa decisione sulle quotazioni degli attivi: equity e bond in prima battuta e quindi tassi di cambio
Nel report mensile di ottobre avevamo rilasciato un giudizio ancora neutrale sulla gamma degli indici azionari senza indicare alcun prezzo obbiettivo. Si temeva ancora di dover assistere ad un ulteriore collaudo dei recenti minimi segnati nel mese di agosto. Avevamo infatti fissato in area 2850 il primo livello da mettere a fuoco per rilevare eventuali anomalie dovute ad una ripresa della volatilità. Il test ravvicinato di inizio mese è stato respinto da una reazione positiva. Il rialzo dei mercati messo a frutto nella sessione di venerdì ripaga più la decisione assunta dalla Fed che non il potenziale accorso sulle trattative commerciali con tra Stati Uniti e Cina. E’ presumibile che le due notizie abbiano sollevato la fiducia degli investitori, ma il driver della reazione è merito del nuovo sostegno lanciato dalla Fed.
Nei prossimi giorni verificheremo quanto sia ancora gradito il QE, soprattutto quanto sia in grado di prevenire i timori che si stavano accumulando nel mercato. La riprova di un segnale forte emergerebbe con il break-up di area 2985-3015 di Standard & Poor 500.
Non c’è dubbio che l’evento tecnico possa trascinare con se quanti sono rimasti ad osservare negli ultimi mesi la melina degli swing che si sono intervallati durante l’estate. Soprattutto costringerebbe i molti ribassisti a chiudere le posizioni di scoperto alimentando gli acquisti.
Se all’apprezzamento dell’S&P avremmo anche un rialzo dell’indice minore Russell 2000 oltre la soglia 1585/90 potremmo ritenere superata la fase di estrema incertezza che ha caratterizzato l’ultimo periodo. Il nostro team coprirà questo passaggio tecnico per catturare eventuali anomalie che possano mettere in crisi il framework delineato.
E’ chiaro che il mercato azionario nel suo complesso risulterà influenzato da tale vicenda.
La reazione dello scorso venerdì è piuttosto sintomatica. Il FTSE Mib si è riportato sui precedenti massimi conservando nelle prese di beneficio di lunedì l’area recuperata. Si tratta di un chiaro segnale di attesa sintonizzato sulle vicende tecniche di Wall Street. La medesima valutazione può essere estesa sia all’indice Stoxx 600 che all’Eurostoxx 50. Tutti i valori risultano allineati ai recenti massimi.
Di converso abbiamo avuto una reazione al rialzo dei rendimenti sui governativi. Nulla di preoccupante rispetto al la tendenza dominante sempre a nostro avviso di segno negativo.
Del resto già nell’Outlook mensile avevamo posizionato il nostro giudizio di breve su condizioni tecniche di breve correttive rispetto al major trend.
Più complesse si presentano le valutazioni sui tassi di cambio.
L’euro dollaro anche in questo caso sta confermando il nostro outlook correttivo in direzione di 1,1175. Nelle prossime settimane dovremmo valutare se il nuovo scenario di liquidità accompagnata da un allargamento del bilancio della Fed possa interferire sul trend dominante del dollaro. Al QE della Fed si contrappone quello della BCE. Nel raffronto quest’ultimo appare più complesso da valutare in quanto ci troviamo di fronte ad un ricambio del Consiglio/Presidenza e soprattutto delle proteste provenienti dal fronte germanico. A ciò dovremmo unire le complicazioni tecniche dovute alla disponibilità della carta tedesca in proiezione. In Eurozona il QE rimane vincolato dalla quantità di obbligazioni in circolazione che la BCE può monetizzare e politicamente sostenere, convincendo l’opinione pubblica ad accettare di subire una più ampia emissione di carta per piani di indebitamento devoluti a programmi d’investimento per il green (Germania).
Si apre un settimana decisiva anche per la sterlina. Il 19 ottobre dovrebbe riunirsi il Parlamento britannico per una seduta speciale. La Regina nell’odierno discorso a Westminster ha chiesto al Governo di porre la priorità sull’accordo entro il 31 ottobre e di lavorare alla costituzione di un nuovo partenariato con l’UE sulla base del libero scambio e di una cooperazione amichevole. Il programma comprende anche nuovi regimi per la pesce, l’agricoltura e il commercio; sarà discusso nei prossimi giorni, prima del voto della settimana prossima. Un accordo con Bruxelles è giudicato ancora “possibile” prima di un’uscita “no deal” fra 17 giorni, l’UE ha già aperto a un eventuale nuovo rinvio.
L’eur gbp, in linea con le attese si è posizionato sulla base del nostro range avviando una breve fase di consolidamento tra 0,8750 ed 0,8935. Riteniamo che il recupero della sterlina non abbia al momento esaurito le proprie potenzialità.
Siamo in un periodo in cui si specificano i budget per il 2020 e si definiscono i cambi obbiettivo per la determinazione dei prezzi di vendita sui mercati esteri. Si tratta di un processo di elevata criticità, ancor più lo è il progetto di Risk Management relativo.
Stiamo lavorando per mettere a fuoco il quadro strategico e le linee guida per elaborare
Un quadro di riferimento entro cui predisporre le linee guida per mitigare i rischi ed ottimizzare le marginalità. Si parte dal dollaro per proseguire con i temi conseguenti al Brexit deal, agli sviluppi dell’accordo commerciale tra Cina ed Usa. Ognuno di questi eventi porta con se un’inevitabile riflesso sul mercato dei cambi.