E’ una notizia, il Brent Crude quota a 80 usd/bar. La notizia pesa sul quadro complessivo dei mercati in quanto si sovrappone allo sviluppo in parallelo della geopolitica da un lato, e della linea di policy monetaria aggiornata dalle banche centrali dall’altro.
L’andamento dei prezzi del Brent Crude ricompone la sintesi di due attrattori il cui insieme di stati, geopolitica e macro economia, tendono a misurarsi negli impatti economici con un rapporto di stretta sussidiarietà.
Dopo tre anni vissuti sull’orlo di una concatenazione di shock di varia natura, sanitari, logistici, militari ed inflativi, il mondo delle imprese e consumatori si aspetta una tregua dalle banche centrali. La tregua monetaria, secondo quest’ultime, può essere mantenuta a patto che l’inflazione torni in equilibrio.
La discesa delle quotazioni del Brent Crude rafforza tali aspettative.
Un mese fa non era del tutto scontato tale scenario. C’era il timore concreto, suggestionato dalla storia, che il caos generato dallo scoppio dei tumulti terroristici in Medio Oriente potesse deflagrare in tutta l’area, trasferendo il disordine nei mercati del petrolio. Lunedì 9 ottobre, contrariamente a questa ipotesi, abbiamo inviato un podcast sostenendo uno scenario fuori schema, indicando un percorso delle quotazioni strutturalmente diverso da quanto la logica poteva indicare. Innanzitutto abbiamo fissato un cap al rialzo, sostenendo che il contenimento delle reazioni iniziali del Brent Crude sotto 95/100 usd/bar avrebbe favorito un successivo ritorno dei prezzi verso 83/82 usd per barile. Oggi siamo felici di constatare, alla prova dei fatti, di avere analizzato in modo adeguato l’effetto, per nulla scontato degli eventi.
La discesa dei prezzi del petrolio necessita ora di un consolidamento per completare un quadro favorevole al prolungamento della tregua monetaria.
Nel breve assisteremo ad un possibile rimbalzo utile a creare le condizioni per attivare una nuova gamba riflessiva delle quotazioni. Anche questo passaggio porta con se alcune criticità. Nelle prossime settimane dovremo collaudare la capacità del mercato di stabilizzare le negoziazioni tra 80 ed 85 usd. Si tratta di una verifica necessaria per poter certificare che la componente speculativa abbia definitivamente abbandonato il campo. Come dire gli esami non finiscono mai. L’elevata posta in gioco richiede continue prove di verifica dello scenario. E’ ciò che fanno le banche centrali. La tregua monetaria si basa su questo percorso. L’esito positivo, magari accompagnato da una terza fase riflessiva dei prezzi verso i 70 usd/bar, potrebbe aprire la strada per una revisione della tregua, aprendo uno scenario di possibili tagli dei tassi ufficiali.
Su questo punto convergono le attese di quanti leggono nell’andamento dei sondaggi PMI e nelle rilevazioni del Pil europeo una perdita di momentum piuttosto significativa. La BCE cerca di evitare il confronto diretto con queste evidenze, pur riconoscendole, in quanto teme che, qualora fosse chiamata a dare risposte concrete con tagli anticipati dei tassi, l’euro ne subirebbe le conseguenze perdendo valore velocemente.
Per giunta la discesa dei prezzi del petrolio trasmetterebbe ai mercati la percezione che oltre alla lettura di una dissonanza tra geopolitica e reazioni dei prezzi, vi sia una minore domanda relativa dovuta ad una fase di rallentamento della crescita globale. Di conseguenza all’ulteriore raffreddamento dell’inflazione, la discesa delle quotazioni del greggio contribuirebbe ad incrementare le aspettative recessive. In tale ipotesi aumenterebbero le pressioni sui tagli dei tassi soprattutto in Europa.
Questa settimana tra i numerosi dati in calendario avremo proprio la pubblicazione dell’andamento dell’inflazione nel mese di ottobre, periodo in cui la media delle quotazioni del greggio transitava sopra 85 usd. Martedì alle 14.30 sarà l’ì U.S. Bureau of Labor Statistics a pubblicare il CPI.Le attese stimano un’incremento dello 0,1% mensile ed una riduzione del tendenziale annuo da 3,7 al 3,3%. Venerdì
14:30 14.11.2023 | USD | IPC (Mensile) (Ott) | 0,1% | 0,4% | |||
14:30 | USD | IPC (Annuale) (Ott) | 3,3% | 3,7% |
Venerdì sarà l’Eurostat a riportare i dati sull’inflazione dell’Eurozona. Il mercato sconta una riduzione del tasso tendenziale dal 4,3 al 2,9% nel mese di ottobre.
11:00 17.11.2023 | EUR | IPC (Annuale) (Ott) | 2,9% | 4,3% | |||
11:00 | EUR | IPC (Mensile) (Ott) | 0,1% | 0,3% |
Queste cifre certificano il raggiungimento di un plateau che confronta gli attuali prezzi con quelli che si sono formati a far data dallo scorso anno, quando ii valori del Gas TTF iniziavano la discesa dal picco dei 350 eur mwh.
In attesa del dato sull’inflazione l’eur usd ha consolidato scambi tra 1,0650 ed 1,0710. Continuiamo ad aspettarci una potenziale discesa dei corsi sotto tale soglia intermedia, in un quadro in cui l’euro appare sempre vulnerabile.
L’IRS 2Y continua nel frattempo continua a consolidare i segnali già indicati nell’INSIDE CENTRAL BANK di settembre e ribadito a fine ottobre, con il potenziale allentamento di 50 bp in direzione del 3% a breve termine.