Il dato sui Non Farm payrolls rilasciato dal US Bureau of Labour Statistics lo scorso venerdì ha sorpreso chiunque nel mercato per il tenore ed anche la qualità dei nuovi salariati.
Il rapporto sull’occupazione statunitense di gennaio è sbalorditivo. Le buste paga sono aumentate di 353.000 rispetto a 185.000 del consenso, dove anche la previsione più alta di 300.000 era ben lontana dall’esito effettivo. I settori dell’istruzione e della sanità hanno primeggiato nella statistica di gennaio, aggiungendo 112.000 posti di lavoro, 36.000 posti di lavoro sono stati offerti dal governo, mentre il tempo libero e l’ospitalità hanno visto un incremento di 11.000 unità. Nei comparti dei servizi e manifatturiero l’incremento è stato di 74.000 posti, più 64.000 nel commercio e nei trasporti, con un’aggiunta di 45.000 nella vendita al dettaglio.
I Non Farm payrolls di gennaio ridimensionano le aspettative per il primo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a marzo. La curva delle probabilità scende al 38%, ma conserva per la riunione di maggio un livello prossimo al 60% nelle aspettative per una riduzione di 25 bp.
La lettura del dato sull’occupazione scava ulteriormente il solco tra la velocità di crescita in Eurozona rispetto a quella tracciata negli Stati Uniti. Il modello di stima per la crescita nel IQ USA proietta ora il GDP oltre il 4%. Va detto che tale stima si basa su dati raccolti prima al 1° febbraio!
L’eur usd è sceso nella nostra area target di breve termine avvicinando 1,0750-1,0735 come riportato anche la scorsa settimana nei nostri post e nelle news letter che pubblichiamo per i tesorieri di AITI ed ACMI.
Non escludiamo al test dell’area target l’apertura di una temporanea reazione dell’euro, tuttavia continuiamo a pensare che la divergenza tra la velocità di crescita USA rispetto a quella UEM continuerà a supportare il dollaro. Nel nostro FX RISKOO Outlook & Analytics, abbiamo approfondito il tema offrendo una visione piuttosto dettagliata sul percorso del cambio eur usd e di tutti i rapporti contro euro in chiave strategica per la gestione del rischio di cambio nel corso dell’anno.
E’ bene comunque bilanciare il quadro positivo con i timori tuttora presenti sulla solidità delle banche regionali USA. La New York Community Bancorp ha subito la scorsa settimana un crollo delle azioni ritornando a quotare ai minimi, 6 usd, segnati lo scorso anno dopo il default di SVBank e Signature bank. E’ noto che la Federal Reserve chiuderà il prossimo 11 marzo il fondo Ftfp, lo strumento di sostegno straordinario per le banche attivato dalla Fed per sostenere le stesse all’indomani della crisi aperta lo scorso anno. Per quanto atteso e scontato, la decisione potrebbe mettere in difficoltà gli operatori.
Inoltre rimane tuttora aperto il capitolo geopolitico del mar Rosso. Le interruzioni della navigazione continuano a creare preoccupazioni, an che se l’indice FBX FREIGHTOS TERMINAL per le rotte Cina- Suez e Nord Europa che traccia il costo dei noli è sceso nelle ultime ore, allentando in parte le tensione.
L’impatto sui prezzi si è rivelato finora molto meno marcato di quanto osservato durante la pandemia.
Alcune economie sono state colpite più duramente di altre dalla crisi del Mar Rosso. Tra i paesi europei monitorati, i produttori britannici sono stati i più colpiti. In totale, il 12% del panel di indagine del PMI manifatturiero ha riferito che i tempi di consegna sono peggiorati in Inghilterra a causa della crisi, seguito rapidamente da Grecia (9%), Francia e Germania (8%).
La preoccupazione che le tensioni causate dalla guerra Israele-Gaza possano interrompere la navigazione nel Mar Rosso, almeno nel secondo trimestre, rappresenta un elemento di forte apprensione per le imprese e per il mercato. Qualsiasi potenziale escalation della guerra in Medio Oriente (Libano) potrebbe avere ripercussioni sui prezzi dell’energia. Inoltre, se navi e container non fossero più disponibili a causa di modifiche alle rotte ed ai tempi di spedizione, potrebbero riflettere problemi ad altri paesi al di fuori dell’Europa.
Ciò detto al momento non rileviamo particolari tensioni sulle quotazioni del Brent. Le nostre osservazioni continuano a confermare il domino operativo del range 70-85 usd/bar. A fine gennaio i prezzi hanno testato la parte alta alta della fascia di oscillazione subendo nuovamente il flusso dell’offerta. In settimana aggiorneremo WB COMMODITY PERSPECTIVES, il nostro report a supporto della gestione del rischio commodity, abbassando in area 80 usd/bar il primo livello di allerta sulla trasmissione al mercato di eventuali effetti critici derivanti da operazioni militari.
Questi dati dovranno quindi essere monitorati attentamente nelle prossime settimane, poiché un eventuale rialzo delle quotazioni del greggio potrebbe avere ripercussioni, come pure qualsiasi prolungata interruzione delle spedizioni, sui prezzi globali in un momento in cui le banche centrali stanno valutando l’opportunità di tagliare i tassi di interesse.
Stiamo affrontando una fase in cui le pressioni sui prezzi si scontrano tra vari fattori di criticità. Da un lato vi sono pressioni ed effetti di potenziale trasmissione sulle quotazioni delle tensioni geopolitiche, dall’altro spinte deflative, soprattutto in Cina ed Europa, derivanti dal tenore debole della domanda. Il dato appena pubblicato da S&P Global sul PMI in Eurozona conferma per il mese di gennaio le anticipazioni deboli rilasciate la scorsa settimana su Servizi e Manifatturiero. L’indice Composito è stato rivisto in leggera contrazione per la Germania a 47, a 44,6 per la Francia, ben al di sotto della linea spartiacque tra crescita e decrescita a quota 50. L’Italia invece riconquista la soglia, fissando per gennaio il Composite a 50,7.