Fed Jackson Hole:
Sebbene l’inflazione sia scesa dal suo picco per la banca centrale americana c’è ancora del lavoro da fare ha detto Powell alla conferenza annuale della Fed a Jackson Hole, nel Wyoming.
“Siamo pronti ad aumentare ulteriormente i tassi, se opportuno, e intendiamo mantenere la politica monetaria a un livello restrittivo finché non saremo sicuri che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il nostro obiettivo”.
Powell dopo aver riconosciuto che sono stati fatti progressi notevoli nel far scendere l’inflazione ha avvertito che il processo “ha ancora molta strada da fare”.
“Il 2% è e rimarrà il nostro obiettivo di inflazione”, ha affermato.
L’agenda economica continua a determinare il comportamento delle banche centrali
Ulteriori segnali sulle possibili mosse della banca centrale arriveranno questa settimana dalla lettura dei dati macro in calendario. Oltre alla seconda lettura del Pil USA relativo al secondo trimestre, in agenda mercoledì, tra giovedì e venerdì sono attesi l’indice Pce ‘core’ di luglio, monitorato con particolare attenzione dalla Fed tra gli indicatori sull’inflazione, e i dati sul mercato del lavoro, con payroll non agricoli e tasso di disoccupazione di agosto in pubblicazione venerdì 1 settembre.
Sempre a Jackson Hole la presidente Christine Lagarde ha avvertito dei rischi per l’inflazione dai profondi cambiamenti in cui opera l’economia globale e, intervistata su Bloomberg TV, ha detto che verrà guardata con attenzione l’evoluzione dei salari, dato che il settore in cui i prezzi stanno salendo di più è quello dei servizi, ad alta intensità di lavoro.
Anche per la Presidente della BCE sarà l’andamento dei dati economici a guidare le prossime mosse del Consiglio direttivo.
C’è quindi grande attesa questa settimana per le stime preliminari sull’inflazione di agosto, dopo i recenti Pmi deludenti che hanno alimentato le preoccupazioni sulla crescita. Il dato tedesco e quello a livello di zona euro, in agenda rispettivamente mercoledì e giovedì, dovrebbero segnalare un ulteriore raffreddamento della dinamica dei prezzi.
Al summit dei Brics sono state definite le procedure ed il percorso di espansione del club
Sempre la scorsa settimana si è tenuto il summit dei Brics. Alcuni giornali sostenevano che i partners avrebbero annunciato l’avvio di un percorso con un ordine istituzionale per l’introduzione di una moneta alternativa al dollaro per regolare gli scambi commerciali all’interno del Gruppo. In realtà gli speech si sono concentrati sull’allargamento del Gruppo ad un numero più consistente di pesi aderenti. I leader del blocco BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, hanno concordato meccanismi per prendere in considerazione l’adesione al club di nuovi membri a partire dalla richiesta di adesione da parte dell’Arabia Saudita. Tuttavia non sono mancate divisioni su quanto veloce debba essere programmato il processo di espansione.
De-dollarizzazione e oro nell’agenda dei Brics
Il presidente russo, Vladimir Putin, in un intervento in video conferenza, ha voluto riaffermare che “il processo con l’obiettivo irreversibile della de-dollarizzazione dei nostri legami economici sta guadagnando slancio” senza indicare ciò nonostante alcun lavoro programmatico. Che il processo raggiunga i propri obiettivi o meno è importante osservare che sia la Federazione Russa che la Repubblica Popolare Cinese hanno accumulato grandi quantità di oro, in gran parte per diversificare le loro riserve valutarie nelle banche centrali, che altrimenti sarebbero state allocate in dollari o euro. Per molti anni nei mercati aurei era noto che i maggiori acquirenti di oro fisico fossero guidati dalle banche centrali di Cina e Russia. Quel che non risultava altrettanto chiaro era quanto profonda fosse la loro strategia al di là del creare semplicemente fiducia nelle loro valute in mezzo alle crescenti sanzioni economiche ed ai bellicosi proclami di guerra commerciale che venivano da Washington. Cina e Russia, insieme probabilmente ai loro principali paesi partner commerciali nei BRICS, nonché ai paesi eurasiatici aderenti all’Organizzazione Cooperazione Shanghai (SCO), stanno progettando la creazione di un modello monetario alternativo alla centralità del dollaro. Al momento, oltre ai membri fondatori Cina e Russia, i membri dello SCO includono Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e, più recentemente, India e Pakistan. L’Organizzazione riunisce 3 miliardi di persone, all’incirca il 42% dell’intera popolazione mondiale, riuniti in una cooperazione economica e politica, oltre il 25% del Pil mondiale. Nella strategia di rafforzamento della struttura fiduciaria della propria moneta, la la Federazione russa sta lavorando per istituire una borsa per le contrattazioni sull’oro alternativa al LBMA, London Bullion Market Association. Il processo, ancorché in itinere, per essere credibile dovrà raccogliere la fiducia dei mercati.
Sul grande capitolo della de-dollarizzazione ed eleggibilità di una moneta alternativa rimangono aperte molte incognite. Abbiamo dedicato alcuni studi in materia (sintesi). Non vi sono ancora prove concrete che il ruolo della divisa americana sia sulla via del declino strutturale, benché negli ultimi vent’anni la sua ponderazione nelle riserve valutarie detenute dalle banche centrali sia diminuita. Indubbiamente le sfide, derivanti sia dall’economia che dalla geopolitica, hanno un ruolo di prim’ordine anche per gli Stati Uniti. Nella storia economica contemporanea vi è il precedente della sterlina che perse il suo ruolo centrale a ridosso della prima Guerra Mondiale, con la crisi del Gold Standard, a tutto vantaggio della crescente forza economica e politica degli Stati Uniti e del dollaro.
Nemmeno l’euro è riuscito a competere pienamente con il dollaro nonostante il ruolo di un’economia avanzata di elevato standing.
La Fed non affronta il tema ma rafforza il dollaro
Il governatore Jay Powell non ha mai replicato ai vari speech riferibili al contenimento della ruolo del dollaro. Tuttavia abbiamo l’impressione che la Fed a Jackson Hole, attraverso il mantenimento di una linea di policy piuttosto aggressiva, voglia perseguire l’obbiettivo non dichiarato di sostenere il valore della propria moneta in contrapposizione alle monete appartenenti all’area dei Brics.
Il dollaro si è apprezzato strutturalmente nei confronti dello yuan renminbi, della rupia indiana, recentemente è ritornato a rafforzarsi sul rublo, conserva ancora parte del recente apprezzamento accumulato nei confronti del real brasiliano, come pure nel rapporto con il rand sudafricano. Ciò che risulta più significativo riguarda la debolezza recente del cny, ritornato a 7,25/30 contro dollaro, ovvero sul lato superiore della banda di oscillazione stimata dal nostro modello e che dal 2014 guida i cicli rialzo-ribasso del dollaro cny [vedi grafico].
LA BCE STA CONSIDERANDO IL RALLENTAMENTO DELL’ECONOMIA IN EUROZONA?
Dopo l’ultimo rialzo dei tassi operato dalla BCE sono aumentate le attese per l’apertura di una fase di attesa da parte del Consiglio. Il robusto rallentamento della crescita in Eurozona, ma soprattutto in Germania, lascerebbe supporre che la Banca possa astenersi dall’effettuare ulteriori chiamate al rialzo dei tassi. Ad agosto l’inflazione è ulteriormente scesa, anche se il focus del Consiglio si è spostato sull’aumento del costo dei salari nel comparto dei servizi, la tendenza appare governata da forze regressive. In effetti nei dati di agosto abbiamo osservato un crollo degli indici di fiducia anche del comparto services, spingendo il PMI Composite (manifattura + servizi) in un’area di contrazione preoccupante.
Il mercato ha spinto passo dopo passo l’eur usd verso livelli prossimi ai minimi dell’anno. In realtà le attuali quotazioni scambiano sulla linea di proiezione dei minimi fissati tra marzo, 1,0514, e fine maggio 1,0633 eur usd. Lo scenario che avevamo indicato per l’estate sulla base dell’analisi elaborate nell’INSIDE CENTRAL BANK , a margine dell’ultimo consiglio di Fed e BCE, sta confermando le nostre attese: il cambio eur usd è sceso effettivamente sotto 1,09 confermando l’apprezzamento per niente scontato del dollaro.
WB ANALYTICS RISK MANAGEMENT: EUR USD MOMENTUM CYCLE
Nel nostro Outlook di settembre abbiamo messo in evidenza ancora una volta la valenza ciclica degli effetti prodotti lo scorso anno dal consolidamento degli scambi sotto area 1,12/1,10 eur usd. Lo scorso anno ciò aveva proiettato i valori verso livelli che non si vedevano da almeno vent’anni all’indomani dell’introduzione dell’euro, area 0,95; ora il range delimita i recuperi dell’euro mantenendo gli scambi su aree di equilibrio ben diverse da quelle rilevate tra il 2005 ed il 2015.
Qualora nei prossimi mesi dovessimo osservare una linea di policy monetaria più aggressiva da parte delle Fed rispetto a quella congiunturalmente sostenibile per la BCE, potremmo leggervi un pezzo di risposta funzionale degli Stati Uniti a quanti vedono l’imminente declino del ruolo economico ma soprattutto finanziario della loro moneta.