La settimana si apre con l’EURO DOLLARO sulla difensiva dopo il consolidamento delle informazioni giunte dai consigli di Fed e Bce. I due regulators confermano ad oltranza di voler tenere un profilo poco accomodante delle loro linee di policy. Per rafforzarla J Powell professa il convincimento che l’economia americana possa evitare una fase recessiva, confidando in un soft landing. Christine Lagarde sostiene invece che l’Eurozona non dovrà affrontare una recessione. Il comportamento degli indicatori di sentiment PMI, IFO e Sentix, segnalano almeno per l’Europa un percorso più critico. Da mesi il manifatturiero evidenzia un momentum negativo.
L’indice PMI tedesco è molto vicino ai minimi segnati durante la pandemia e non molto lontano dai minimi assoluti toccati durante la recessione del 2008.
Le banche centrali puntano, attraverso la loro comunicazione, a domare l’inflazione anche attraverso una postura aggressiva, probabilmente trasferendo la loro linea d’intervento dal rialzo dei tassi ad una moral suasion orientata a contenere eventuali scatti di euforia del mercato qualora realizzasse un impronta più accomodante. Il gioco appare più nelle corde della Fed che non in quelle della Bce. Il mercato potrebbe realizzare che il re è nudo e che presto o tardi qualcuno dovrà cambiare linea. Oggi sembra che sia la Bce la prima candidata a considerare le difficoltà congiunturali.
Perché la BCE?
I mercati dal consiglio di politica monetaria di luglio, ovvero dal penultimo rialzo dei tassi, stanno penalizzando l’euro. Mentre nello stesso intervallo la Fed non ha alzato i tassi, la Bce l’ha fatto per due chiamate consecutive. Nel frattempo l’euro dollaro è sceso da 1,12 all’all’attuale 1,0580. La mossa potrebbe scontare uno scenario, tutto da verificare, in cui le difficoltà economiche non siano in grado di reggere il livello dei tassi attualmente raggiunto. In buona sintesi lo scenario che abbiamo proiettato negli streaming di INSIDE CENTRAL BANK e presentato al recente TREASURY FINANCE FORUM DAY di AITI trovano puntuale conferma nel nostro Outlook riflessivo dell’euro contro il dollaro. Nei mesi precedenti, il cambio ha cercato in più occasioni di recuperare quota 1,10/12 fallendo sistematicamente l’obbiettivo, salvo subire nelle ultime undici settimane un netto declino in direzione dei minimi dell’anno. La divergenza delle stime prospettiche sta creando maggiori difficoltà analitiche nella stesura dei budget per il prossimo anno. Abbiamo la sensazione che si stia replicando il quadro operativo del 2021 quando l’euro dollaro quotava ancora in area 1,20/1,15 e molti uffici studi, diversamente dal nostro, stimavano una crescita della divisa europea per il 2022 anche a 1,25/1,30. Per contro il cambio scese sino a fissare un bottom nel 2022 a 0,95.
Nelle sessioni di pianificazione dei programmi di FX Risk Management 2024, che stiamo affrontando con le imprese che assistiamo, consideriamo volatilità ed ampiezze proprio per elaborare scenari differenti con l’obbiettivo di offrire ex ante i diversi esiti possibili delle stime sulla configurazione del Risk Aversion e Risk Appetite per ogni impresa. A differenza delle analisi predittive scollegate dal business aziendale, utilizziamo la nostra piattaforma Market Intelligence per incrociare i dati aziendali con il nostro data warehouse d’informazioni sui mercati. In tal modo i dati diventano il cuore del sistema di definizione delle strategie sulle quali si fondano le analisi a supporto delle scelte manageriali.
Molte sono le variabili che direttamente e non influiscono sull’andamento dei tassi di cambio. Tra queste giocano un ruolo assai significativo i trend delle commodity e conseguentemente dei tassi d’interesse.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un rally del prezzo del greggio a cui si è recentemente unito quello del gas. Nel mettere a fuoco i possibili rischi per il 2024 al TFFD abbiamo indicato proprio l’energia come fattore ancora critico, proprio perché in grado di trasferire effetti diretti sulle dinamiche inflative. Il Brent ha fissato nelle ultime ore un picco relativo a quota 95 usd/bar. Nel nostro report di settembre avevamo indicato su tale livello il punto di possibile esaustione della spinta, auspicando un ritorno dei valori sotto area 88 per poter catturare un primo segnale di raffreddamento della tensione che si stavano delineando. Allo stesso modo abbiamo indicato in area 33 eur mwh il punto di allentamento del recente rialzo delle quotazioni del benchmark sul Natural gas TTF. L’imminente chiusura del giacimento olandese di Groningen, il più grande d’Europa, pone qualche apprensione sul riflesso dei consumi correlati alle condizioni meteo invernali. Gli stoccaggi hanno raggiunto nella media UE il 95% della loro capacità (95,70% l’Italia). Qualora le temperature climatiche dovessero risultare rigide, sotto le medie stagionali, è previsto il ricorso straordinario all’estrazione di gas olandese. Monitoreremo con attenzione le condizioni di mercato al fine da catturare eventuali segnali utili per modulare le interelazioni sui mercati.
Per quanto riguarda l’inflazione in settimana sono attese le preview sull’inflazione in Eurozona ed il PCE statunitense. I dati rilevati attraverso i sondaggi PMI sugli indici dei prezzi, che generalmente anticipano la tendenza dell’inflazione ufficiale, segnalano un ulteriore possibile raffreddamento dell’indice dei prezzi al consumo nei prossimi mesi, compreso settembre. E’ una buona notizia, soprattutto se letta in combinazione con il ribasso dei prezzi energetici di cui sopra. Il quadro delle più significative notizie macro della settimana si completa con la diffusione del sondaggio PMI per la Cina continentale in calendario venerdì. Il dato di agosto aveva segnalato un ulteriore rallentamento della crescita nell’economia cinese, con le aspettative delle imprese per il 2024 sotto tono. I rischi al ribasso nella lettura di settembre continuano quindi a predominare lo scenario.