Nel quadro geo economico europeo, l’Italia mette in evidenza segnali di resilienza.
Con l’aumento dei rischi di recessione globale, le tensioni sui tassi in Eurozona rimangono elevate dopo i recentissimi commenti della BCE, sempre intenzionata a reprimere l’inflazione con gli aumenti dei tassi già annunciati a settembre. Ciò nonostante la parte lunga della curva inizia ad appiattirsi confermando da un lato le attese recessive, dall’altro la tenuta dei rendimenti soprattutto nell’ambito degli emittenti periferici.
In settimana avremo la lettura aggiornata dei dati PMI per le principali aree economiche mondiali. Questa mattina l’esito dei sondaggi in Eurozona ha evidenziato la tenuta del manifatturiero italiano, con un ulteriore declino per Germania e Spagna completato dalla flessione della Francia. Sempre in settimana avremo la lettura dell’andamento della produzione industriale in Germania, Francia e Spagna.
C’è da dire che il bicchiere rimane purtroppo mezzo vuoto in quanto tutte le letture evidenziano indici con valutazioni inferiori a quota 50, ovvero fluttuanti in un’area che già ora preannuncia recessione.
Tra tutti i dati PMI emerge la tenuta del manifatturiero con un recupero dei servizi nel mese di settembre per l’area statunitense. L’indice sui servizi evidenzia un corposo rimbalzo da quota 45 in direzione di area 50. Le valutazioni dei managers americani portano con se un dato tutto sommato positivo: l’ulteriore riduzione dei costi industriali. Condizione meno evidente in Europa a causa dei nostri problemi sui costi dell’approvvigionamento energetico.
Le quotazioni del benchmark sul Natural Gas europeo, il Dutch TTF, rimangono elevate nonostante il recente declino che, dai picchi di area 340 eur mwh, sta spingendo i valori sotto quota 170 euro ancorché Nord Stream 1 e 2 siano in avaria a seguito del recente sabotaggio.
Nelle prossime settimane con l’avanzare dell’autunno e la stagione invernale saranno le condizioni meteo a dettare il passo sull’andamento dei prezzi. Temperature inferiori alla norma potrebbero compromettere i precari-ssimi equilibri tra domanda ed offerta. Gli stoccaggi potrebbero non risultare sufficienti qualora dovessimo affrontare un’inverno più rigido della media degli ultimi 10 anni.
Ritornando alla settimana macro economica, i mercati monitoreranno da vicino i potenziali interventi della Banca d’Inghilterra tra la volatilità dei mercati dei Gilt e dei cambi, nonché gli sviluppi politici del Regno Unito.
i mercati seguiranno con estrema attenzione il rapporto
La settimana si conclude con il rapporto sull’occupazione americana in calendario venerdì alle 14.30. Il dato più atteso converge sul numero di occupati escluso il settore agricolo. L’esito delle statistiche per il mese di settembre fornirà importanti indicazioni sulla posizione politica della Fed. Si prevede un rallentamento della crescita del personale non agricolo da un aumento di 315.000 ad agosto a 250.000 a settembre. Questa sarebbe la peggiore performance da dicembre 2020, anche se il ritmo in rallentamento dell’aumento di posti di lavoro riflette in parte una naturale moderazione nelle assunzioni in mezzo all’attuale rigidità del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione dovrebbe mantenersi al 3,7%. Si prevede che la crescita media dei costi orari si manterrà allo 0,3%. Qualsiasi andamento del mercato del lavoro più forte del previsto si aggiungerà naturalmente alla visione crescente di un inasprimento più aggressivo della Fed sui tassi Fed Funds con un allungamento temporale della fase rialzista come indicato nel diagramma Dot Plots del Fomc.
I mercati Forex si stanno avvicinando alla riunione del Consiglio di ottobre della BCE del 27 ottobre, dove il Board dovrebbe deliberare un ulteriore incremento dei tassi nell’ordine di 75 bp. Con il 15 dicembre la Banca Centrale completerà il suo ciclo di riunioni operative per l’anno in corso. Gli operatori scontano due manovre restrittive. Anche la Fed ha dichiarato di voler proseguire la sua azione, nonostante l’intensificarsi dei segnali recessivi e la recente riduzione del tasso d’inflazione che dal picco del 9,1% di giugno è passato all’8,3% a settembre.
L’euro dopo la discesa a 0,95 ha aperto una reazione che incontra in queste ore un primo ostacolo in area 0,9830 contro dollaro. Per invertire l’attuale tendenza riflessiva dell’euro sul dollaro ci sono più ostacoli da superare. Pensiamo che nelle prossime settimane il mercato proverà a mettere sotto pressione il dollaro, da un lato per riequilibrare il rapporto tra domanda ed offerta, dall’altro per verificare le sue potenzialità.
In ogni caso il quadro di riferimento rimane sempre centrato sul differenziale tassi tra Europa e Stati Uniti. Inoltre in una fase in cui si sta giocando sul piano geopolitico per affermare il primato di potenza pensiamo che sia nell’interesse dell’Amministrazione americana mantenere alto il tenore del dollaro che sempre più si pone come antagonista alla definizione di una linea di contrapposizione valutaria in via di definizione dai paesi SCO, Shanghai Cooperation Organization, a cui aderiscono oltre a Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan con l’appoggio di India ed ora Iran. Tra gli obbiettivi, il SCO conta di promuovere una divisa forte per denominare gli scambi di materie prime e commerciali in alternativa al dollaro.