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INTENSIFICANO I SEGNALI DI RALLENTAMENTO DEL CICLO

WBFLASH
PODCAST

I dati sul ciclo dell’inflazione negli Stati Uniti in calendario oggi costituiscono l’evento più significativo della settimana. Il mercato sconta un elevata probabilità (90%) che la Fed proceda con il rialzo di 25 bp dei tassi a luglio. L’odierno dato potrebbe accreditare ulteriormente tale aspettativa. Il consensus stima un ulteriore raffreddamento del tasso d’inflazione al 5% dal precedente 5,3%.  Nel nostro post dedicato al rapporto tra inflazione e commodity, mettiamo in evidenza la pressione che queste ultime, soprattutto quelle legate all’energia, stanno esercitando sulla dinamica dei prezzi.

Le aziende, su scala globale, continuano a segnalare nei sondaggi PMI che la pressione ribassista sui prezzi rimane tuttora attiva.

In Europa ci saranno nuovi dati che la Banca d’Inghilterra e la BCE, che mantengono una postura restrittiva, analizzeranno tramite i dati sul PIL e sul mercato del lavoro del Regno Unito, nonché le statistiche sulla produzione industriale e sul commercio dell’Eurozona. I principali rilasci di dati aggiungeranno anche approfondimenti sul fatto che Pechino aggiungerà ulteriori stimoli per aiutare la sua faticosa ripresa post-pandemia.

Sul fronte dei meeting di politica monetaria, sono attesi i consigli  della banca centrale del Canada, Nuova Zelanda (ha tenuto i tassi invariati nell’odierna riunione) e della Corea del Sud.

Mentre il mercato si attende una nuova stretta in Canada (+25bp), l’economia cinese appare in difficoltà nella ripresa post Covi. Stanno intensificando i segnali di necessità per l’attuazione di ulteriori stimoli economici. Si prevede che l’inflazione cinese rimanga moderata, mentre i dati sul commercio e sull’offerta di moneta risultano poco convincenti, come pure le rilevazioni dei sondaggi PMI.

LA TENDENZA RIALZISTA DEI TASSI

Il ciclo di rialzo dei tassi più aggressivo degli ultimi decenni sta senza dubbio producendo gli effetti attesi. Le imprese avvertono da mesi la stretta sul credito. Dopo una prolungata fase post Covid, in cui le aziende sono riuscite a governare le pressioni sui prezzi trasferendole sui prezzi output, grazie al contributo della robusta domanda, man mano che quest’ultima si raffredda, potrebbero accusarne l’impatto. L’effetto restrittivo della politica monetaria colpirebbe di conseguenza anche l’occupazione.

Ciò significa che d’ora in avanti i board delle banche centrali dovranno calibrare con estrema attenzione le loro mosse, governando l’equilibrio tra una narrativa troppo aggressiva rispetto al rischio di dare l’impressione ai mercati finanziari (borse azionarie) di essere pronti per un’inversione del ciclo.

Mentre si teme che presto o tardi i segnali di rallentamento possano tradursi in una fase recessiva, i mercati continuano a sfidare in termini di gravità i moniti delle banche centrali. Ciò rischia di alimentare un’azione distorsiva, dove il confronto si sposta dall’economia reale a quella finanziaria. A quel punto perderemo tutti, borse ed economia reale.

In un contesto di tassi di interesse elevati aumenta il rischio che qualcosa si rompa nel sistema finanziario. La crisi bancaria di marzo rappresenta un monito, i tassi di interesse costantemente più elevati rischiano chiaramente di avere effetti a catena sulla stabilità finanziaria. Il ciclo di feedback potrebbe inasprire ulteriormente gli standard di prestito, aumentando la pressione sulle piccole imprese, nonché sul settore immobiliare e delle costruzioni.

IL CICLO ECONOMICO GLOBALE

In questo momento stanno lavorando, nemmeno sotto traccia, diversi driver che minacciano la stabilità della crescita: geopolitica e tassi.  Nel nostro scenario consideriamo il rischio che molte delle principali economie possano entrare in recessione nella prima parte del 2024, alla peggio entro la fine dell’anno. Al momento rileviamo una significativa debolezza concentrata nel settore manifatturiero, prevediamo che il settore dei servizi abbia fissato il picco del ciclo espansivo e possa entrare in una fase riflessiva. Ciò vedrebbe un corrispondente allentamento della pressione sui prezzi nel settore dei servizi, attraverso una minore crescita dei salari. Le banche centrali ricorrerebbero a tagli dei tassi molto prima di quanto stiamo attualmente prevedendo. Ancora una volta non ne troveremmo traccia nei loro discorsi per i timori di cui sopra.

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