L’attesissimo dato sull’inflazione degli Stati Uniti ha confermato il rallentamento delle pressioni sui prezzi. I dati hanno centrato le attese fissando il CPI tendenziale al 6,5%, in calo rispetto al precedente dato pari al 7,1%.
L’IPC di dicembre si è quindi attesto al -0,1% MoM/6,5% YoY, mentre l’inflazione core si è attestata allo 0,3% MoM/5,7 YoY. La decelerazione continua dopo che l’headline aveva raggiunto il picco del 9,1% su base annua a giugno e il core del 6,6% su base annua a settembre. Il rallentamento apre la strada per una rimodulazione della politica monetaria con un adeguamento dei rialzi futuri pari allo 0,25% rispetto ai precedenti rialzi dello 0,50%. Benché l’inflazione tende a confermare la perdita di momentum, l’occupazione continua ad esprimere un andamento piuttosto forte del mercato del lavoro. Di conseguenza l’opzione per almeno altri due rialzi rimane aperta.
Analizzeremo i prossimi dati PMI per comprendere quanto sia forte il segnale di rallentamento della crescita per comprendere quale postura assumerà in seguito la FED. L’obbiettivo dichiarato dal Board punta ad un ritorno dell’inflazione al 2%. Il dato odierno ci porterà verso la riunione delle due principali banche centrali nella prima settimana di febbraio.
Il mercato ieri ha risposto alla lettura del dato colpendo l’eur usd con un’elevata volatilità. Abbiano notato mani forti vendere euro in più aree di prezzo, tra 1,0830 ed 1,0760 in contrapposizione ad altre mani interessate a rispondere con vendite di dollari. Del resto come abbiamo scritto ieri, l’attuale area di negoziazioni costituisce, secondo la nostra view un’importante zona tecnica. Lo conferma il comportamento volatile assunto dal mercato.
Riteniamo che non si debba ancora scontare il ritorno di un dollaro debole, prima di assumere una posizione strategica diversa vogliamo verificare i comportamenti del mercato su questo range di scambi.
Anche in Eurozona arriveranno dati sul raffreddamento dell’inflazione in un clima di rallentamento della crescita. La BCE in merito ai tassi d’interesse ha fornito più voci e visioni: i consiglieri del nord europa continuano ad esprimere una view restrittiva, quelli dell’area mediterranea sosterrebbero una linea più moderata.
Nel nostro Outlook 20/23 abbiamo posto l’accento sulle valenze tecniche di area 1,07/1,08 eur usd, riteniamo necessario approfondire le reazioni del mercato.
I mercati azionari statunitensi hanno risposto al dato con scarso entusiasmo. I rendimenti sul tratto lungo della curva, 10 anni, hanno fatto segnare un’altra sessione regressiva, sia per quanto riguarda i Treasury, il Bund piuttosto che il BTP. Nel dettaglio hanno perso maggior valore i rendimenti europei rispetto a quelli americani. Il 10 anni Germania, pure Italia sono scesi nuovamente in direzione dei minimi fissati agli inizi di dicembre, rispettivamente 1,75 e 3,60. Il differenziale tra i rendimenti USA rispetto a quelli DE si sta posizionando a 140 bp. Guardiamo a quota 150 bp come attuale valore di spartiacque tra la ripresa del dollaro, nel caso di un ritono dello spread sopra tale livello, piuttosto che un ulteriore rafforzamento dell’euro nel caso di un consolidamento del differenziale sotto quota 150 bp.