Tutta l’attenzione rimane focalizzata sull’andamento della produzione industriale per comprendere, o meglio definire, il percorso tendenziale della crescita. Dai dati di sentiment, PMI ed ISM, a quelli sulla produzione industriale, la partita sul rallentamento si divide su quanto severa sarà la prossima fase recessiva.
La tendenza all’indebolimento è importante in quanto non solo si aggiunge a segnali crescenti di rallentamento della crescita economica su scala globale, quanto piuttosto a quanto la diminuzione della domanda stia contribuendo a ridurre le pressioni inflazionistiche. I costi di produzione delle fabbriche si stanno riducendo da alcuni mesi a questa parte. Ciò porta con se un aspetto innegabilmente positivo: i costi inferiori dovrebbero contribuire a ridurre l’inflazione dei prezzi al consumo con impatti attesi sulle politiche monetarie.
Negli Stati Uniti rileviamo dal dato di giugno (9,1%) una riduzione del CPI a settembre (8,2%). Anche in Europa l’inflazione potrebbe aver raggiunto un picco. Benché sia prematuro affermarlo, in quanto i prezzi dell’energia non solo sono ancora elevati, ma risultano estremamente vulnerabili a come si evolverà l’offerta, nonché la domanda di gas nei prossimi mesi osserviamo una decisa perdita di momentum. In ogni caso il raffreddamento della domanda sta contribuendo a ridurre le quotazioni dei metalli, come pure anche quelle delle commodity in generale, comprese le agricole.
Tutta la partita sui prezzi si gioca quindi sull’energia: Natural Gas e Petrolio.
In Europa e nello specifico in Italia possiamo, pur con le riserve di cui sopra, affermare che le quotazioni del PUN, il prezzo unico dell’energia elettrica, sta scendendo, come pure quello del PSV il future sul natural gas italiano. Il PUN ha chiuso la scorsa settimana poco sopra quota 200 euro mwh, ad agosto aveva fissato un picco a 740 euro. La soglia dei 200 euro è significativa in quanto rappresenta la proiezione di tutti i minimi che si sono susseguiti da dicembre 2021. In pratica definisce il punto di equilibrio tra una condizione governata da ripetute tensioni, rispetto ad una in cui si potrebbe aprire una fase di allentamento sostanziale (breakout 200 euro), che pensiamo possa riportare i valori anche in direzione di 100 euro mwh.
Sul fronte dell’ancora benchmark, Dutch TTF Natural Gas, rileviamo la chiusura dello scorso venerdì in ribasso a 142 euro mwh. Nonostante tutti i timori possibili, le quotazioni continuano a scendere dalla fine del mese di agosto. Da 350 euro le quotazioni hanno perso il 58% e, secondo le nostre stime quantitative, dovrebbero scendere ulteriormente in direzione di quota 100 dove transita il punto di transizione tra una tendenza definitivamente ribassista rispetto all’attuale condizione. E’ chiaro che se al lato pratico ciò si concretizza, potremmo assistere al ridimensionamento dell’inflazione e con esso ad un cambiamento di bias nell’atteggiamento delle banche centrali.
Anche il petrolio ha perso momentum negli ultimi mesi. Il Brent proviene da un picco segnato a marzo a 140 usd/bar. Con una certa vischiosità è dapprima sceso a 10 usd, consolidando un’azione preparatoria ad un ulteriore gamba riflessiva. Oggi dopo tutti gli sforzi esperiti dall’Amministrazione USA oscilla tra 80 e 100 usd/bar. Per gli americani è fondamentale spingere le quotazioni sotto 80 usd per poter chiudere in modo convincente la partita sull’inflazione.
Da mesi nelle nostre stime sosteniamo per il Brent due obbiettivi al ribasso: 80 usd e 60 usd/bar. Il primo target di prezzo è stato avvicinato a fine settembre, ora puntiamo alla seconda gamba. L’Opec +, per contrastare il ribasso dei prezzi, ha deciso di ridurre di 2 milioni di barili la produzione giornaliera a partire da novembre. La sfida che si apre è quindi significativa.
La partita sull’energia si contrappone a quella sull’inflazione quindi. La banche centrali dopo avere aver ammesso l’errore di valutazione sull’inflazione, quando sostenevano la transitorietà del fenomeno, potrebbero trovarsi ora nella condizione opposta. Tuttavia le incognite geopolitiche potrebbero trattenerle dal rivedere le proprie convinzioni.
Pertanto il 27 ottobre la BCE dovrebbe confermare il rialzo di 75 bp, come pure la Fed agli inizi di novembre.
L’euro ed il dollaro si stanno confrontando con una certa volatilità per risolvere nel breve il rapporto di forza. Dopo una lunghissima fase di debolezza l’euro dovrebbe riuscire a raccogliere un minimo di consenso. La guerra nell’Eastern Europe e la risposta al momento frammentata su come affrontare i riflessi delle sanzioni a partire da quelli riferibili al gas russo, ne hanno delegittimato il ruolo di moneta alternativa al dollaro. Dal canto suo gli Stati Uniti stanno lavorando per sostenere le quotazioni del dollaro in chiave geopolitica. Più che al rapporto con l’Europa, guardano in questo caso al pericolo emergente che gli stati allineati allo SCO, Shanghai Cooperation Organisation, possano in un futuro prossimo declassare il dollaro assumendo come riferimento per gli scambi commerciali una divisa diversa (CNY) con un circuito valutario alternativo a Swift. Il dollaro, che attualmente copre il 72% degli scambi commerciali nel mondo, subirebbe una netta revisione del ruolo strategico di riserva di valore.
Nel nuovo rapporto che stiamo preparando affrontiamo questo tema tracciando il percorso tendenziale che la divisa americana affronterà nei prossimi mesi sia nei confronti dell’euro che, soprattutto nei confronti dello yuan renminbi, oltre a tutti i rapporti diretti ed indiretti.