L’outlook dei primi tre mesi di questo 2016 si sono conclusi in un tourbillon il cui fine è stato quello di compensare le irregolarità di marcia dei mercati. L’innesco del recupero che abbiamo registrato a marzo è stato azionato sull’attesa per quanto avrebbero detto e fatto le banche centrali. Tutto gira sempre di più attorno alla loro azione. Ad esse va riconosciuta la capacità di orientare in modo organizzato le scelte degli investitori. Nessuno sembra capace di svincolare la propria visione dalla loro direzione aprendo molti interrogativi sull’efficacia del loro lavoro, e sulla linearità delle dottrine. Il tema è così spinto agli estremi che in molti desiderano e sognano un mondo in cui i mercati si autoregolino trovando un equilibrio da cui ripartire.
Non si capisce altrimenti come il dollaro perda momentum contro monete impegnate in una profonda terapia d’urto monetario, quale lo sono lo yen e l’euro. Non si capisce come mai a fronte di rendimenti dei Treasury americani prossimi al 2%, contro lo 0,15 dei Bund pari duration, il dollaro si indebolisca. Molte sono le anomalie che governano questo complicato periodo.
Da quando la BCE ha lanciato il suo QE, lo scorso anno le borse dell’Eurozona accusa perdite medie attorno al 20%. I rendimenti dei titoli di stato sono schiacciati verso lo zero termico, quand’anche esprimano tassi negativi su un ampio spettro della curva. Tutte cose che sappiamo.
Alla fine dello scorso anno la gran parte degli investitori suggeriva di vendere USA e comprare UEM, oggi i mercati azionari quotano al di sotto dei massimi segnati agli inizi dell’estate dello scorso anno: l’indice Standard & Poor 500 -7%, l’UEM mediamente -20% come pure Cina e Bric, -16% gli emergenti calcolati in dollari. Il recupero dello Standard & Poor 500dell’ultimo mese e mezzo è stato rilevante al punto che in molti si chiedono e ritengono che ormai il peggio sia alle spalle. E’ così?
La presenza delle banche centrali che intervengono sul momentum dei mercati, quando direttamente acquistando equity come nel caso della BoJ e della PBoC attraverso la sua controllata Safe, obbliga qualsiasi risposta a ricorrere all’utilizzo di congiuntivi e condizionali.
Su queste basi ogni ipotesi operativa, l’outlook, deve tenere conto degli orientamenti di questi attori. Tuttavia benchè l’utilizzo del condizionale sia stilisticamente meno piacevole, è bene prendere in considerazione l’idea, peraltro mai abbandonata, del fatto che la struttura di molti mercati azionari sia ancora fortemente condizionata dalla caduta di inizio anno. In effetti come già scritto la scorsa settimana gli indici sono rimasti all’interno di aree che ne confermano la criticità. In Europa l’indice Eurostoxx 50 è scivolato nuovamente al di sotto di quota 3000 attivando un segnale di esaurimento del recupero. Nelle prossime sessioni i valori potrebbero pertanto scendere verso area 2850 consolidando il segnale regressivo di cui abbiamo già dato le nostre stime con obbiettivi a 2700 e successivamente nel corso dell’anno 2200. Il Dax presto verificherà area 9500 mettendo a prova la sua precaria tenuta. Il tentato recupero oltre area 10.000 come atteso appare ormai fallito, per cui continuiamo a confermare la nostra view verso gli obbiettivi 8.200 e in un orizzonte più ampio 6.500. In linea con i principali mercati il Ftse Mib appare avviato a replicare le medesime condizioni riflessive. Attendiamo una verifica dell’area 17500, dove sono ancora presenti parziali ordini di acquisto. Il livello non appare comunque sostenibile ed in grado di contenere le pressioni di un’eventuale accrescimento dell’offerta. Per tale ragione riteniamo che sia vulnerabile e propedeutico ad ulteriori cadute dell’indice in direzione dei precedenti minimi ed in successione, sempre in un orizzonte più ampio, verso i minimi segnati durante la crisi dei debiti sovrani.
Rimane da guardare il mercato americano per catturare eventuali sostegni utili a far rientrare i rischi evidenziati. L’S&P 500 sembra per nulla influenzato dal comportamento dell’azionario europeo.
Tuttavia pensiamo che anch’esso fluttui al di sopra di sostegno vulnerabile. La scorsa settimana avevamo fissato in area 2000/1980 il punto da vigilare per cogliere eventuali criticità. L’ulteriore apprezzamento verso 2080 ci consente di aggiornare tale livello di controllo del rischio tra 2045 e 2020. Eventuali cadute sotto tale fascia di prezzo riattiverebbe nuovi ordini di vendita.
I flussi in rotazione dai mercati avanzati verso quelli emergenti hanno goduto principalmente della stabilizzazione del dollaro. Ne hanno beneficiato sia l’azionario che l’obbligazionario. Le condizioni di ipercomprato di quest’ultimo comparto dovrebbe aprire una fase di consolidamento su cui è possibile accumulare posizioni. L’indebolimento del dollaro consente agli attivi quotati nelle aree emergenti di fruire del ritorno dei flussi grazie anche al fatto che molte commodity risultano ancora impegnate a recuperare spazi precedentemente perduti. Tuttavia ci pare di poter affermare che anche in questi casi ci troviamo di fronte a situazioni di temporaneo riscatto. L’indice Shanghai Composite, benchè sia ormai protetto dall’azione diretta ed indiretta della PBoC , ci sembra ancora vulnerabile ad un ulteriore flessione. Un anno fa, quando il mercato quotava tra 5000/4500, stimavamo nel nostro outlook, gli estremi della regressione sino a quota 2400; a marzo abbiamo avvicinato 2600, il rimbalzo successivo incontrerà resistenze a proseguire l’azione di apprezzamento tra 3050/1
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