I mercati si allineeranno, a partire da questa settimana, alle riunioni di politica monetaria di dicembre che Fed e Bce terranno a metà mese.
I verbali della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) di novembre hanno rafforzato le aspettative secondo cui la banca centrale statunitense potrebbe rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi nelle prossime riunioni. Permangono sullo sfondo le incertezze sulle prospettive a breve termine dell’economia statunitense esposta ad una congiuntura in netto rallentamento.
Le discussioni sull’apogeo terminale dei tassi Usa continuano tuttavia a governare il dibattito tra i vari membri dei consigli direttivi, compreso quello della Riserva Federale. Pertanto saranno ancora una volta i dati economici ed in particolare quelli sull’inflazione, a dettare la cadenza dello scenario restrittivo.
Come si evince dagli ultimi dati PMI flash di novembre, l’indebolimento della domanda ha portato all’attenuazione dei vincoli di offerta e al raffreddamento delle pressioni sui prezzi. L’inflazione dei costi di acquisto tra i produttori di beni è diminuita al ritmo più elevato negli Stati Uniti rispetto ad altre economie sviluppate come il Regno Unito, la zona euro e il Giappone. Questo mentre gli Stati Uniti hanno registrato la contrazione più rapida della produzione rispetto alle regioni sopra menzionate. Il timore è che i banchieri centrali, compresa la Fed, possano risultare eccessivamente severi in una fase in cui le prospettive di rallentamento risultano mese dopo mese sempre più concrete.
Martedì l’Ufficio Federale di Statistica tedesco, Statistisches Bundesamt, pubblicherà il dato sull’inflazione preliminare per il mese di novembre. L’attesa stima una frenata della crescita a -0.2% su base mensile, 10,3% su base annuale. Il dato offrirà l’opportunità per approfondire il dibattito sul tema in Europa, a conferma di un board BCE particolarmente diviso. Dai membri della Banca centrale sono giunti recentemente messaggi contrastanti, che hanno contribuito ad innervosire gli investitori. La colomba Philip Lane e il falco Isabel Schnabel, esponenti di spicco in seno al Consiglio direttivo, hanno espresso pareri divergenti sull’opportunità che la banca centrale riduca gli aumenti dei tassi d’interesse e su come valutare l’inflazione. Se per Lane il surriscaldamento record dei prezzi inizierà a scemare l’anno prossimo e gli argomenti per un altra stretta da 75 pb “non esistono più”, Schnabel ha respinto apertamente l’idea di un ammorbidimento sottolineando che più a lungo si lascia correre l’inflazione, maggiore è il rischio che si radichi. I due si sono trovati in disaccordo anche sulle prospettive dei salari. Secondo il capo-economista dovrebbero essere “monitorati attentamente” per individuare eventuali segnali di accelerazione eccessiva, mentre la consigliera tedesca ha invitato a prevenire una spirale prima ancora che si verifichi, osservando che i salari stessi stanno già aumentando.
La Bce ha sorpreso i mercati con aumenti dei tassi più consistenti del previsto a luglio e a settembre e da allora ha dichiarato di non voler fornire indicazioni sulle mosse future, ma di essere “dipendente dai dati”. Mentre si attende stamani di ascoltare Christine Lagarde al Parlamento europeo in vista del meeting del 15 dicembre, gli occhi vanno già a mercoledì, quando arriverà la prima lettura Eurostat sul Cpi di novembre, atteso anch’esso al pari di quello tedesco in rallentamento, al pari di quello tedesco, dal 10,6% di ottobre al 10,4% preliminare di novembre.
La pubblicazione dei dati dovrebbe, in generale, togliere le incertezze sulla traiettoria del rialzo dei tassi sia in casa Fed che Bce.
Le statistiche, stando alle attese, dovrebbero mostrare che le pressioni sui prezzi rimangono ancora elevate nonostante l’atteso allentamento. In Europa il livello quota oltre cinque volte il target del 2% cui l’istituto centrale punta, stante anche un indice core che dovrebbe mantenersi molto elevato 6.3%.
Per la Fed il mercato sconta al momento una probabilità prossima al 72% di un rialzo pari a 50 bp, mentre per la BCE le ipotesi propendono per un rialzo dei tassi di 50 o 75 pb per il meeting di dicembre, con una lieve orientamento per la seconda ipotesi. Le statistiche saranno cruciali nello spostare l’asticella da una parte o dall’altra.
Altri dati che potrebbero muovere il mercato, arriveranno, venerdì dagli Usa, con le statistiche mensili sugli occupati non agricoli, particolarmente monitorate in chiave Fed. Gli analisti si aspettano che l’economia statunitense abbia creato 200.000 nuovi posti di lavoro a novembre – in quello che sarebbe il minimo dal dicembre 2020 – dopo che già in ottobre l’occupazione aveva dato segni di allentamento. Tuttavia, aggiungono, cinque degli ultimi sei rapporti mensili sui payroll hanno superato le stime di consenso e un altro numero elevato potrebbe rimescolare le carte riguardo a un possibile pivot da parte della banca centrale. Nelle sue ultime dichiarazioni Jerome Powell, che parlerà nuovamente in pubblico mercoledì, ha segnalato che l’istituto potrebbe passare ad aumenti più contenuti ma ha anche detto che alla fine i tassi potrebbero dover salire oltre il 4,6% – livello che i banchieri ritenevano necessario a settembre – entro il prossimo anno.
Il verbale della riunione del 2 novembre, pubblicato la scorsa settimana, ha mostrato che la “maggioranza sostanziale” dei policymaker ritiene che “probabilmente presto sarà appropriato” rallentare il ritmo dell’inasprimento, anche se permane una “significativa incertezza sul livello finale” che i tassi dovranno raggiungere.
Venti di Recessione negli USA?
I dati PMI ed altri dati economici statunitensi stanno alimentando un ampio dibattito sull’ipotesi di un’imminente recessione. Mentre i sondaggi indicano un crescente rischio di recessione negli Stati Uniti nel quarto trimestre, il nowcast della Fed di Atlanta mette in evidenza una crescita annualizzata del PIL di oltre il 4%. Dal punto di vista del sondaggio, le aziende segnalano che la domanda sta diminuendo a causa della politica più restrittiva della Fed, che la pressione sulle catene di approvvigionamento sta allentando (con tempi di consegna ora in miglioramento). Ciò ha chiare implicazioni affinché l’inflazione continui a moderarsi, potenzialmente anche in modo rilevante, nei prossimi mesi. Sarà quindi interessante vedere su quali metriche la Fed sceglierà di concentrarsi.
ENERGY Una prima risposta empirica alle probabilità che si vada incontro ad una fase recessiva giunge dall’andamento dei prezzi delle commodity. Le quotazioni del petrolio Brent aprono la settimana con un netto breakout dei precedenti minimi fissati in area 83 usd/bar, il movimento conferma le ipotesi formulate nel nostro ultimo report WB COMMODITY PERSPECTIVES. A breve ci aspettiamo un’accelerazione verso area 75 usd con un cap a 86 usd. Il movimento dovrebbe contribuire ad allentare le tensioni restrittive sul fronte monetario, almeno negli Usa, mentre potrebbe animare il dibattito interno all’Opec+ sulle quote di produzione giornaliera.
I prezzi del gas rimangono invece sopra le aree di attenzione segnalando la permanenza di un quadro ancora in tensione. Sia le quotazioni del Natural Gas europeo, Dutch TTF, che quello Usa quotato al Nymex, evidenziano valori scambiati sopra livelli tecnici importanti: 100 eur mwh per il TTF, 5 usd per il NG. Ragioni meteorologiche stanno trattenendo i valori sempre all’interno di range che non ci consentono di allentare l’attenzione.
METALS I metalli escono da un ulteriore settimana negativa. Il Rame dopo il breve rally correttivo sta ritornando a subire l’offerta. Ci aspettiamo nelle prossime sessioni un test di area 7850 usd/t al LME con possibile breakout che proietterebbe nell’immediato i valori verso area 7550/50.
FX L’eur usd apre la settimana ancora su posizioni reattive. Il mercato guarda al meeting delle banche centrali scontando un’azione più aggressiva da parte della BCE. I valori tecnici su cui concentrare l’attenzione fissano il supporto più significativo di breve a 1.0280 mentre il punto di resistenza, oltre il precedente picco a 1.1485, transiterà in questi giorni a quota 1.0550 eur usd.
Il dollaro ritraccia anche nei confronti dello yen e dello yuan. Nel rapporto usd jpy ci aspettiamo una prosecuzione della correzione verso 130 usd jpy, nei confronti del cny la nostra attesa stima un ritorno ai recenti minimi in area 7 usd cny.