Dopo la BCE sarà la FED ad aumentare i tassi questa settimana. La Riserva Federale è determinata a raffreddare l’inflazione. Il mercato, come noto, sconta, un altro aumento di 75 punti base, consapevole che il loro percorso della politica monetaria in futuro apparirà meno certo. In quanto tale, la conferenza stampa della Fed sarà seguita con attenzione per catturare i segnali sull’eventuale entità dei futuri rialzi dei tassi.
Le indicazioni che giungono dalla lettura dei sondaggi PMI ad ottobre appaiono orientate verso un prossimo raffreddamento della crescita, evidenziando una potenziale contrazione del ciclo economico.
Anche i dati sull’occupazione di ottobre costituiranno un’informazione importante. Potrebbero offrire indicazioni sul livello di preoccupazione delle imprese e con esse aprire nuove riflessioni sul tenore che la FED dovrà tenere in merito alla propria linea di policy monetaria in futuro, poiché il mercato del lavoro statunitense sembra destinato a indebolirsi a fronte di una domanda più debole, come segnalato appunto dagli ultimi dati PMI.
Anche la Banca centrale d’Inghilterra è altrettanto pronta ad agire per domare le elevate, seppur in attenuazione, pressioni sui prezzi a livello nazionale. Nonostante le persistenti incertezze sul fronte politico, per cui la stabilità nei prossimi mesi deve ancora essere garantita anche dopo l’avvicendamento del Primo Ministro, la BoE sembra destinata ad aumentare ulteriormente i tassi in un contesto recessivo. Il mercato sconta un’attesa di 75 bp. La sterlina ne ha preso atto e riassorbito la debolezza accusata negli ultimi due mesi.
In un contesto di crescenti segnali di recessione è possibile pensare che i dati raccolti recentemente possano comunque dissipare, al momento, i timori di una profonda recessione.
Una delle caratteristiche della pandemia è stata un sostanziale accumulo di ordini arretrati presso le aziende, dove la carenza di materie prime e i ritardi nelle spedizioni hanno impedito alle aziende di soddisfare la domanda dei clienti. Il settore automobilistico è forse l’esempio più documentato di tale incapacità di soddisfare la domanda, a causa della mancanza di semiconduttori. Questi arretrati sono stati una fonte gradita di crescita continua nel 2022, facilitata dal miglioramento delle linee di approvvigionamento.
Tuttavia, i dati flash PMI di ottobre rivelano che questi arretrati sono diminuiti negli ultimi mesi. Il tasso di declino ha infatti accelerato notevolmente all’inizio del quarto trimestre fino al livello più ripido da un decennio (se si esclude lo shock pandemico precoce). Il problema è che c’è una carenza di nuovi ordini effettuati dai clienti per sostituire gli arretrati. Le aziende sono quindi sempre più preoccupate di avere in questa circostanza una capacità in eccesso.
Rimane chiaro fin d’ora che sarà l’energia a determinare il quadro effettivo su cui si muoveranno le dinamiche macro nel prossimo futuro. In Europa i prezzi dopo una discesa robusta maturata nel mese di ottobre, stanno ora rimbalzando. Il future sul Natural Gas dopo aver verificato il nostro target nel range 100/90 euro mwh, hanno aperto una reazione che, secondo le nostre stime, dovrebbe delimitare il rimbalzo tra 135/150 euro per regredire successivamente verso i recenti minimi. Come abbiamo ribadito durante il nostro web streaming INSIDE CENTRAL BANK, ci aspettiamo in futuro un ulteriore ridimensionamento dei valori. Preoccupano maggiormente le dinamiche sull’offerta in termini di sostituzione del fornitore russo. Molti meccanismi non sono ancora chiari. E crediamo che sia questo aspetto a costituire il punto di maggior criticità sull’andamento della crescita il prossimo anno.