Martedì il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato il nuovo World Economic Outlook. Pur con molti accenti negativi la sintesi non riporta particolari sorprese, semmai ratifica quanto i mercati tendono a scontare già ora nei prezzi.
L’ultimo World Economic Outlook del FMI (WEO) conferma l’estensione della crescita globale, ma a un ritmo lento che lascia l’economia mondiale più esposta a rischi. Sui mercati emergenti, veri deceleratori della crescita negli ultimi due anni, il rapporto segnala che nonostante l’afflusso di capitali inferiori rispetto alla media e maggiori deflussi dal 2010, le sottostanti economie sono rimaste resilienti. Nella sostanza gli analisti del Fondo evidenziano l’attesa per un ulteriore deterioramento della crescita praticamente solo in Cina, mentre per le altre aree prevede stabilità ed un ritorno ad un minimo recupero dell’espansione del ciclo nel 2017.
Ci si chiede quindi quanto siano concreti gli alert che il suo presidente Christine Lagarde, continua a lanciare ai mercati?
La realtà dei mercati finanziari tende invece a svelare un’aspettativa del tutto diversa. I prezzi incorporano già condizioni di pronunciato rallentamento nelle aree emergenti, come risulta evidente, mentre per quanto riguarda quelle avanzate sconta per Giappone ed Europa una situazione già in avanzato stato di deterioramento, a differenza degli stati Uniti ancora immuni o quasi dai venti gelidi che già soffiano in più parti del mondo. Il DIS_ORDINE GLOBALE appare piuttosto palese se si considera l’inefficacia delle misure di stimolo monetario fin qui applicate. In particolare emerge un senso di inadeguatezza l’esito che si registra a distanza di un anno in Europa ed in Giappone. Aumenta da un lato la disaffezione verso l’offerta di formule politiche tradizionali, mentre si diffonde la ricerca verso un nuovo non del tutto definito. Nel contempo cresce il bisogno di comprendere a tutte le altitudini di pensiero se stiamo andando verso una nuova forma di Ordine Globale, ci si interroga sul ruolo degli Stati Uniti, dell’energia, della tecnologia, ed ancora sulla globalizzazione sul concetto dell’iperdemocrazia. Si sovrappongono domande sull’iperstruttura globale a quelli relativi alla congiuntura locale. Nel macro-micro i mercati cercano ancoraggi che non trovano avvertendo sempre più impellente la necessità di avviare una price discovery più profonda.
A conferma di quanto scriviamo e soprattutto di quanto già anticipato nella nostra ricerca sin dall’estate dello scorso anno, la performance dei mercati azionari di Giappone ed Europa risulta ampiamente negativa con valori medi che si aggirano al -20% da quando la BCE ha lanciato il suo programma di Qe a marzo del 2015. Gli indici azionari americani rilevano parzialmente questa negatività. Lo Standard & Poor 500 in realtà quota alla pari rispetto alla fine dello scorso anno ed allo stesso periodo, mentre altri indicatori minori segnalano già un relativo deterioramento della loro capitalizzazione; in profondità l’Outlook del FMI non smentisce queste concrete percezioni.
In pratica continuano ad aumentare i rischi che quanto abbiamo già visto nei primi 45 giorni del 2016 possa ripetersi, replicando ulteriormente la fase riflessiva. Nel nostro ultimo rapporto mensile WB PERSPECTIVES© abbiamo riconfermato le stime che avevamo già calcolato lo scorso anno per tutti i mercati azionari coperti dalla nostra ricerca.
Il comportamento degli USA non deve sembrare eccessivamente svincolato dall’andamento generale. E’ già accaduto in passato, 2000 e 2008, che i mercati periferici hanno capitolato prima del loro cuore, Wall Street, anticipando il reversal di cui abbiamo lanciato più volte l’alert.
Riamane quindi da capire come allocare i propri patrimoni in una situazione già compromessa per convivere con l’incertezza in uno scenario d’investimento governato dalla volatilità.
In condizioni di avversione al rischio, gli investitori tendono a ruotare i loro attivi verso asset class conservative, monetario ed obbligazionario. Negli ultimi anni si sono diffusi strumenti svincolati dall’andamento dei mercati (OICR, fondi), con l’obbiettivo di preservare il capitale nelle circostanze ad elevata incertezza e volatilità. Nel passato in condizioni analoghe, molti di questi prodotti non hanno saputo reggere alla prova dei fatti, accusando comunque significative perdite rispetto alla loro funzione. Tale complicazione deriva dalla convinzione che la diversificazione possa risolvere molti dei problemi legati ai rischi. In realtà quando i mercati azionari invertono tendenza avviando la fase di declino, tendono a contagiare in modo indiscriminato tutti i cosiddetti risky asset. Di conseguenza l’unico modo per evitare di compromettere il patrimonio accusando perdite, benché parziali, è quello di azzerare il beta dei portafogli.
La capacità di sapere modulare correttamente il beta risiede nell’attitudine a gestire il timing tattico e strategico. Queste competenze richiedono un rigoroso processo di controllo del rischio attraverso l’analisi di momentum.
In questo processo, disciplina e -diligente pazienza-, costituiscono i plus ad un approccio di successo.
Su queste basi lo scorso autunno abbiamo allertato i nostri clienti e lettori a considerare l’opportunità di ruotare i propri attivi in situazioni di parcheggio con l’unico scopo di proteggere le proprie posizioni. In questa logica è bene prendere in considerazione che il livello dei rendimenti obbligazionari, in particolar modo quelli governativi è prossimo allo zero, quando non negativo per le duration brevi. Chi cerca rendimenti su queste latitudini deve essere conscio che sta comprando rischi nel lungo termine. A breve potrà anche conseguire misurati capital gains ma nel lungo termine tali posizioni possono rivelarsi altamente nocive alla salute. Motivo per cui anche in questo caso il timing può rappresentare una via di fuga verso la salvezza. Con i rendimenti azzerati è già un buon risultato saper difendere il proprio patrimonio. E’ la condizione migliore per prepararsi a cogliere le opportunità quando dopo il cattivo tempo ritorneranno i giorni di sole.