I dati relativi all’andamento dell’inflazione CPI rilevati nel mese di maggio confermano i progressi fatti sul percorso di riequilibrio dei prezzi in un quadro in cui i fattori più significativi contribuiscono a raffreddare le tensioni. L’energia rimane il driver più significativo sia negli Stati uniti che in Eurozona. Le quotazioni del gas naturale rimangono inserite, nonostante la recente reazione, in un percorso riflessivo, mentre quelli del petrolio continuano a consolidare un range che, rispetto ai picchi dello scorso anno (138 usd/bar) , riporta le medie dei valori trattati ad un ridimensionamento tra il 40/50%, con un ridimensionamento dei valori medi trattati sull’anno pari al 15%.
In Europa il Natural Gas fissava il suo picco a fine agosto 2022 a quota 350 eur mwh. Da tali livelli le negoziazioni sono scese a 23 euro per reagire nelle ultime due settimane tra 50 e 30 euro. Nelle rilevazioni puntuali il mercato ridimensiona i valori nella misura del 90% (picco max vs. picco min), ovvero del 35% rispetto ai valori medi annuali registrati nel periodo.
Tuttavia nelle valutazioni complessive mentre il prezzo del petrolio (Brent) si colloca in un intervallo di equilibrio, quelli del Natural Gas europeo (TTF) rimangono tuttora ancorati a valori relativamente elevati.
Le nostre stime econometriche preludono, sulla base delle attuali dinamiche di mercato, ad un ulteriore potenziale ridimensionamento complessivo delle quotazioni. Da mesi scriviamo che il potenziale del Brent rimane orientato in direzione dei 60 usd/bar, completandone la tendenza riflessiva. Sui prezzi del TTF restiamo confidenti sull’ipotesi che le negoziazioni possano scendere in direzione della soglia compresa tra i 20 ed 17 euro mwh.
La discesa del TTF riporterebbe i prezzi dell’energia elettrica PUN nuovamente sotto 100 euro con un dominio del range 100/50 euro mwh.
In Eurozona la discesa dell’inflazione è ora accentuata dal rallentamento del comparto manifatturiero. L’indice PMI Manufacturing (linea tratteggiata) quota da diversi mesi sotto quota 50 con un’accelerazione costruita dalla scorsa primavera che ha spinto l’area in recessione tecnica. La Germania come noto naviga in condizioni recessive già da due trimestri.
L’Italia per ragioni diverse continua a tenere il passo della crescita pur in un contesto di rallentamento. I servizi compensano il rallentamento del comparto manifatturiero, come pure l’export extra Ue. Su questo fronte l’offerta del Made in Italy fa leva su relazioni commerciali che non dipendono prevalentemente dal rapporto con la Germania. Negli ultimi mesi la bilancia commerciale ha messo in evidenza una crescita dell’export verso Cina, Giappone ed anche Stati Uniti. Ciò sta producendo un maggior equilibrio nell’ampia e diversificata offerta delle produzioni al di fuori del contesto comunitario.
La produzione industriale italiana dopo la contrazione dell’1,9% su base mensile registrata ad aprile, è ritornata a crescere a maggio dell’1,6%. Rimane comunque l’impronta negativa esercitata dal rallentamento della Germania. L’indice PMI manifatturiero dopo una tenuta in divergenza con il resto dell’Eurozona è peggiorato nelle rilevazioni più recenti di giugno. Di fronte a ordini in calo e scorte stabili di prodotti finiti, è improbabile che i piani di produzione vengano intensificati e il calo dei prezzi dell’energia non fornisce ancora un incentivo all’offerta sufficientemente potente. L’industria sembra destinata a frenare la creazione di valore aggiunto nel secondo trimestre, ma i servizi dovrebbero dimostrarsi sufficientemente forti da consentire una crescita positiva del PIL.