Il Black Friday coincide con il giorno successivo al Ringraziamento, fissato da Abramo Lincoln nel 1863 il quarto giovedì di novembre. Il Black Friday di conseguenza cade sempre il quarto venerdì di novembre.
Formalmente il “venerdì nero” non sarebbe una festività ufficiale ma, siccome le scuole, gli uffici pubblici e molte aziende sono chiuse durante il Thanksgiving, si allungano i giorni di vacanza facendo ponte con il weekend successivo. Generalmente nel giorno del Ringraziamento anche i negozi sono chiusi e, quando riaprono il giorno dopo, di solito lo fanno con grandi sconti e offerte. Poiché dicembre è alle porte, inoltre, il Black Friday segna di fatto l’inizio della stagione dello shopping natalizio.
Secondo le ricorrenze economiche il Black Friday segna negli auspici il giorno in cui le rilevazioni contabili grazie alla concentrazione massiccia degli acquisti passano dal segno rosso a quello nero. Semplicemente i bilanci ritornano in utile. Un altro motivo, decisamente laico, per celebrare le aspettative di bilancio.
Per pura coincidenza di calendario, questa settimana avremo la pubblicazione dei dati PMI flash di novembre per le principali economie sviluppate. I sondaggi rilevati da S&P Global riporteranno le aspettative di crescita proprio per gli Stati Uniti ed a seguire per Eurozona, Regno Unito, Giappone e Australia. Avremo quindi un aggiornamento sulle condizioni economiche per il penultimo mese dell’anno. I precedenti dati di ottobre hanno delineato un ulteriore rallentamento dell’economia globale paventando in misura crescente i rischi di recessione in un quadro macro economico sempre dominato da elevati standard inflativi. Di conseguenza le rilevazioni di novembre saranno analizzate per verificare da un lato quanto reale siano le aspettative recessive e quanto il rapporto tra crescita ed inflazione possa determinare le implicazioni di politica monetaria che attueranno le banche centrali a dicembre.
Sul quadro complessivo emerge una maggior tenuta dell’area americana e giapponese, mentre in Eurozona e nel Regno Unito i segnali sembrano meno confortanti.
Tra mercati e banche centrali risulta sempre più marcato il confronto tra l’esuberanza dei primi e l’azione di contrasto delle seconde. Ogni qualvolta le banche centrali tendono ad allentare la comunicazione sul tenore della politica monetaria i mercati tendono a reagire con acquisti sull’azionario in sfida all’azione monetaria. Questa reazione risulta particolarmente marcata negli Stati Uniti. I prezzi delle azioni sono saliti in precedenza a seguito di letture dell’IPC di ottobre inferiori alle attese negli Stati Uniti, mentre gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio, più forti del previsto, hanno riportato gli investitori nuovamente in tensione.
Alla radice di questo fenomeno c’era stata l’incertezza che avvolgeva il percorso della Federal Reserve statunitense dopo che vari membri della Fed avevano segnalato la loro apertura a un aumento dei tassi più lento nelle prossime riunioni. Secondo le dichiarazioni rilasciate nell’ultima conferenza stampa di Jerome Powell, a margine del Fomc di inizio novembre, il ritmo al quale i tassi di interesse saranno eventualmente aumentati sarà principalmente guidato dai dati. Pertanto, in questo contesto, non solo i verbali della Fed di novembre saranno analizzati questa settimana, ma i dati, tra cui i dati flash del PMI statunitense di novembre, saranno attentamente monitorati per indizi sull’inflazione, l’occupazione e le tendenze della produzione. Qualsiasi indicazione di un allentamento delle pressioni inflazionistiche e, purtroppo, di un rallentamento delle condizioni economiche o del mercato del lavoro può essere interpretato come segnale di un aumento dei tassi più lento. Ciò potrebbe fornire supporto ai Risky Asset.
Anche in Europa sono attesi i dati flash PMI per il mese di novembre. Nell’area gravano in modo più concreto i rischi su un’imminente fase recessiva. Secondo i sondaggi operati da S&P Global, la fiducia delle imprese è scesa fissando un nuovo minimo ad ottobre. A partire da mercoledì il calendario economico riporterà per la Germania i dati PMI, giovedì le aspettative delle imprese IFO, la fiducia dei consumatori dell’Eurozona ed infine le rilevazioni sul PIL tedesco del 3° trimestre.
Infine, in Asia, giovedì si riunirà la Bank of Korea per cui sono attesi ulteriori inasprimento dei tassi, +25 bp, previsto per affrontare le pressioni inflazionistiche in corso. Anche Thailandia e Singapore pubblicano i dati sul PIL del terzo trimestre.
BCE E FED – Venerdì la presidente Christine Lagarde ha ribadito che Francoforte potrebbe dover limitare la crescita per contenere l’inflazione, e altri esponenti della banca centrale hanno segnalato un ritmo di rialzo dei tassi più lento e un avvio invece più rapido della riduzione del bilancio. Sempre la scorsa settimana le banche della zona euro hanno rimborsato in anticipo 296 miliardi di euro di fondi Tltro III della Bce, un ammontare decisamente inferiore alle attese. Gli analisti del resto avevano segnalato che anche in caso di un ammontare ben più alto l’impatto sul mercato sarebbe stato marginale, data l’ampiezza – poco al di sotto dei 4.700 miliardi la scorsa settimana – del cuscinetto di liquidità.
Negli Stati Uniti la presidente di Fed Boston, Susan Collins, ha detto che la banca centrale deve effettuare altri rialzi dei tassi di interesse, spiegando che un aumento da 75 punti base è ancora “sul tavolo”; per il presidente di Fed St Louis, James Bullard, il target della Fed deve salire al 5-5,25% rispetto all’attuale livello appena sotto il 4% per essere “sufficientemente restrittivo” per combattere l’inflazione.
FOREX L’eur usd dopo la reazione verso area 1,0450 sta rientrando al centro di un range che governa gli scambi dalla fine di settembre e che quota attorno alla parità il proprio baricentro. Ci aspettiamo quindi una fase di consolidamento che dovrebbe accompagnarci sino alla fine dell’anno.
I mercati stanno monitorando quanto l’apertura di dialogo tra USA, Nato e Russia possa trovare una base concreta per aprire un tavolo negoziale sul fronte geopolitico, utile per tracciare una linea su cui l’Europa possa trarre un beneficio in termini di esposizione economica al conflitto in corso. Chiaramente sull’Unione pesano le difficoltà relative alle forniture energetiche, soprattutto gravano tuttora gli effetti delle quotazioni del benchmark sui prezzi del gas e di conseguenza dell’energia elettrica che fa riferimento al future sul Dutch TTF. Le quotazioni, dopo il ritracciamento verticale del rialzo maturato la scorsa estate sino a fissare il picco a 350 eur mwh, stanno collaudando l’area 100/125. In più occasioni abbiamo scritto dell’importanza tecnica di questa soglia ai fini della formazione di un nuovo segnale riflessivo dei prezzi. La violazione aprirebbe un nuovo range di riferimento attivando un significativo segnale correttivo dei prezzi in grado di riportare i valori su livelli meno penalizzanti (70/50 eur mwh) per l’economia europea.