Nel Consiglio La BCE di ieri si prevede che la crescita del PIL raggiungerà il 4% nel 2021, il 4,1% nel 2022 e il 2,1% nel 2023. La BCE resta ottimista sul fatto che il sostegno della politica fiscale e la riapertura delle economie porteranno a una significativa ripresa nel corso di quest’anno. Il Board ha modificato la sua valutazione del rischio da “inclinata al ribasso” a “più equilibrata”.
Per quanto riguarda l’inflazione, la BCE sembra aver aggiornato le sue stime sul prezzo del petrolio e i dati sull’inflazione effettiva, tuttavia non si aspetta un’accelerazione incontrollabile dell’inflazione. L’attesa si posiziona all’1,5% per il 2021, all’1,2% nel 2022 e all’1,4% nel 2023. Il Consiglio ritiene che alla base della crescita dei prezzi vi siano soltanto fattori temporanei e una tantum. Secondo i commenti di Lagarde durante la conferenza stampa, la Bce guarderà a qualsiasi temporanea accelerazione dei prezzi. Ha anche sottolineato l’elevato livello di debolezza nell’economia della zona euro che impedirebbe l’emergere di pressioni salariali.
STRATEGIA PEPP
La vera notizia che giunge a nostro avviso dal Consiglio di ieri riguarda la gestione più flessibile del Pepp. La Banca Centrale nel confermare la propria linea di policy e la dotazione del programma, ha dichiarato che nel corso del prossimo trimestre opererà gli acquisti, qualora sia necessario, in modo più aggressivo con l’obbiettivo di porre un cap al rialzo dei rendimenti sul tratto lungo della curva dei bond governativi. in realtà Christine Lagarde in conferenza stampa ha affermato che la BCE non ha intenzione di porre alcun controllo alla curva ma di voler operare per il “mantenimento di condizioni di finanziamento favorevoli”. Come lo passa fare senza controllare la curva ci sembra quantomeno difficile.
Secondo tre fonti vicine al dossier, che la Bce non vuole commentare, in sede di consiglio si sarebbe arrivati a un’intesa sull’incremento degli acquisti: si tratterebbe di un importo inferiore ai 100 miliardi di euro al mese della primavera scorsa, ma di molto superiore ai 60 miliardi sottoscritti il mese scorso.
LE RISPOSTE DEL MERCATO ALLA BCE
La risposta del mercato alle sue parole appare piuttosto eloquente. L’euro ha per so abbrivio a ridosso del primo livello di resistenza 1,1960 contro dollaro, mentre i rendimenti del 10 Y Bund hanno ripreso a scendere.
Come scrivevamo ieri in attesa del Consiglio, non ci aspettavamo grandi impatti sul cambio. Pensavamo e pensiamo che la reazione dell’euro traesse forza anche e soprattutto nella riposizionamento del cambio in funzione del Fomc della prossima settimana. A nostro avviso si tratta di un riequilibrio temporaneo imposto dalle attese per le decisioni che la Fed prenderà in merito ad alcuni elementi di cui abbiamo scritto ieri a cominciare dai requisiti patrimoniali delle banche inerenti alla leva finanziaria supplementare (SLR)
Il cambio eur usd dopo aver testato area 1,1960/70 ha ripiegato in chiusura della sessione europea salvo poi riprendersi in chiusura di giornata a NY a 1,1985. Area 1,2050 costituirà nei prossimi giorni il punto di resistenza intermedia all’interno del canale riflessivo tracciato dal nostro modello.
Sul fronte dei rendimenti relativi al 10 Y Bund, benchmark per il segmento europeo, ci aspettiamo che maturi nelle prossime sessioni un ulteriore segnale di flessione con i rendimenti che perdono valore sotto quota -0,35 e ritraccino l’iniziale rialzo di quest’anno verso -0,45 e probabilmente -0,50/55.