Con il Consiglio di settembre di politica monetaria della BCE si apre la stagione autunnale che ci porterà alla conclusione di questo difficile quanto complesso 2022. L’economia europea ha performato positivamente fino all’apertura della crisi energetica culminata con l’invasione dell’Ucraina e lo slow down dei rapporti Ue Russia USA. La crescita del PIL del 3,9% anno su anno (a/a) o dello 0,6% trimestre su trimestre nel II°Q del 2022 deriva dalla spinta inerziale della ripresa post Covid. Ora, come abbiamo evidenziato con i rapporti PMI che si sono succeduti mese per mese da maggio in avanti, il comparto manifatturiero dell’eurozona è sceso progressivamente a 49,6. Il PMI composito globale della Germania ad agosto è stato rivisto al ribasso a 46,9 (rilevazioni inferiori a 50 segnalano l’attesa per una fase di grande rallentamento dell’economia).
Il rallentamento della crescita economica nell’UE è stato esacerbato dall’elevata inflazione, che ha raggiunto il 9,7% a/a ad agosto. Ciò ha messo sul tavolo un enorme aumento del tasso di interesse di 75 pb. In conferenza stampa il Governatore non ha avuto esitazioni nell’ammettere che, a differenza di quanto sostenuto lo scorso anno sino a questa primavera, l’inflazione rischia di essere più persistente del previsto. La BCE ammette di aver sbagliato a fornire le indicazioni ai mercati quando sosteneva il tenore transitorio della crescita dei prezzi.
L’inflazione in Europa è sostenuta per il 90% dal rialzo dei prezzi dell’energia. Su questo fronte poco può fare la politica monetaria se non cercare a raffreddare i consumi e la domanda in generale. Come? esacerbando le condizioni finanziarie: alzare i tassi. Ma la domanda di energia a livello industriale è relativamente insensibile al prezzo, per cui una sua variazione non comporta una grossa variazione nella quantità richiesta, salvo considerare l’insostenibilità dei rincari in condizioni eccezionali come l’attuale. Non considerarne i rischi significa mettere in discussione la tenuta dei mercati di produzione e di consumo. Lo stanno ammettendo più voci autorevoli ed interessate al problema.
Questa settimana avremo la pubblicazione, tra tutti, di due dati macro importanti: l’inflazione USA (martedì) e l’inflazione UEM venerdì. Le attese quotano una riduzione ad agosto per l’IPC degli USA di 0,1% (m/m) dal 8,5 al 8,1% (a/a). In Eurozona invece si attende un incremento mensile da da 0,1 (luglio) a 0,5% con la rilevazione tendenziale annua che dovrebbe stabilizzarsi a 9,1%.
Negli Stati Uniti per raffreddare l’inflazione, l’Amministrazione Usa si sta spendendo in tutti i modi per far scendere le quotazioni del petrolio. I future sono effettivamente scesi nell’ultimo mese poco meno del 9%. In Eurozona i prezzi del gas limano il loro valore nell’ultimo mese ma rimangono paurosamente elevati. Da inizio anno le quotazioni del WTI risultano ancora positive rispetto alla chiusura di dicembre nell’ordine di 14,45%, quelle del natural gas europeo sfiorano il 200%. Ma come sappiamo la differenza sostanziale, calcolata su un orizzonte di valorizzazioni più ampio (tre anni), ci mette al muro con un incremento del 50% dei prezzi del petrolio e del 1350%! quelli del gas.
Ogni ragionamento si ferma su questi numeri freddi. Shock economico.
Subito dopo la pubblicazione del dato sull’inflazione avremo l’istituto tedesco Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) che riporterà l’andamento dell’indice ZEW sulle condizioni economiche attese in Germania, rilevate nell’ambito di un sondaggio condotto presso circa 350 investitori istituzionali e analisti tedeschi. L’anatomia del grafico riporta i valori di agosto a -55, l’attesa per settembre è -60. Gli istogrammi chiari, in negativo, rilevano un clima di sfiducia. L’indice ha sempre anticipato gli eventi economici: febbraio 2008 la recessione causata dai Subprime, nel gennaio 2019 la recessione culminata con la crisi Covid.
L’attesa del mercato in merito al rallentamento dell’inflazione negli USA è avvalorata anche dalla proiezione dei prezzi di input industriali riportato nel grafico sottostante, Global PMI PRICES INDEX. L’indice calcolato su scala globale nell’ambito di sondaggi effettuati su un ampio panel di imprese manifatturiere e servizi, riflette con buona probabilità la riduzioni delle quotazioni di molte commodity industriali nei mercati a termine, a cui più recentemente si sono aggiunti i ribassi sul greggio. Al rialzo dell’indice fa eco l’inasprimento delle line di policy monetarie (istogrammi grigi). Le due curve a loro volta influenzano il comportamento dell’indice relativo al Global PMI OUTPUT, ovvero l’indicatore di sentiment delle imprese sulle prospettive dell’output passato quest’estate in are di contrazione.
A conferma di un rallentamento globale vi sono le tariffe dei container che transitano sulle rotte oceaniche dall’Asia all’Europa: i valori sono già diminuiti drasticamente quest’anno e sono diminuite in modo particolarmente netto dall’inizio di agosto.
Il tasso spot Freightos Baltic Daily dalla Cina al Nord Europa, visualizzato nel grafico, è sceso del 24% dal 3 luglio, da $ 10.397,55 per unità equivalente di quaranta piedi a $ 7.869,10. Il tasso spot di Drewry da Shanghai a Rotterdam, Paesi Bassi, visualizzato in verde, è sceso del 18% nello stesso periodo, da $ 9.280 per FEU a $ 7.583.
Quei recenti tagli alle tariffe dei container oceanici sono arrivati dopo che il mercato si era già indebolito per mesi; le tariffe dei container sul commercio Asia-Europa hanno raggiunto il picco lo scorso ottobre. L’improvviso e violento abbassamento delle tariffe spot potrebbe indicare che la spesa incrementale delle merci è si sta riducendo Europa e che i vettori marittimi stanno iniziando a ottimizzare l’utilizzo delle risorse piuttosto che l’EBIT per spedizione.
I dati sulle prenotazioni di container oceanici a monte di FreightWaves Container Atlas rivelano che anche le esportazioni europee sono destinate a rallentare notevolmente. Le prenotazioni di container oceanici in partenza da Rotterdam verso tutti i porti globali hanno subito pressioni al ribasso da luglio.
FOREX EUR USD Con l’annuncio della BCE l’euro ha temporaneamente modificato il proprio assetto aprendo una reazione alla fase di debolezza che lo porterà nelle prossime ore a collaudare area 1,0160 contro dollaro. Il break up aprirebbe un’azione di copertura delle posizioni short speculative tuttora presenti nel mercato. Si tratta di capire se tale eventuale reazione possa scontare la ricerca di soluzioni nel contesto energetico piuttosto che in ambito monetario. Nella prossima riunione della Fed ci si aspetta infatti che il Board possa aumentare anch’esso di 75 base i Federal Funds neutralizzando in tal modo il differenziale aperto con la decisione BCE.
COMMODITY ENERGIA Gli osservati speciali Natural Gas europeo e Brent Oil aprono la settimana conservando il segnale riflessivo di breve in linea con la nostra view. Sulle quotazioni del Dutch TTF Natural gas ci aspettiamo un collaudo dell’area 190/180 eur mwh per verificare l’effettiva possibilità che i valori possano scendere oltre e neutralizzare quindi almeno il rialzo di luglio ed agosto come audacemente segnalato nel post del 2 settembre. Per il Brent ci aspettiamo in settimana scambi in consolidamento nell’attuale area tra 93 ed 87 usd/bar. Il breakout della soglia 87 consentirà alle quotazioni di raggiungere il nostro target ad 80 usd.