Petrolio e gas premono sull’INFLAZIONE che preoccupa i banchieri centrali. L’inflazione è un problema per l’economia reale ma anche per i mercati. Secondo la lettura definitiva resa nota ieri da Eurostat l’inflazione, spinta dal rincaro dell’energia, è salita del 4,1% su anno a ottobre nell’area euro, oltre il doppio del target Bce.
In Gran Bretagna i prezzi al consumo si sono attestati a +4,2% annuo in ottobre – massimo da un decennio – rafforzando le già crescenti attese di una prossima stretta BoE, in Canada hanno segnato nello stesso mese un +4,7%, mai cosi alti da 18 anni.
Ieri in serata Isabel Schnabel, già membro del Consiglio BCE, dichiarava in un question time che la Banca centrale dovrà tenersi pronta a intervenire qualora tale surriscaldamento dei prezzi si mostri più duraturo del previsto. Se da un lato, infatti – come ribadito anche nei giorni scorsi da Christine Lagarde – un prematuro inasprimento monetario potrebbe ledere la ripresa, è necessario dall’altro, ha sottolineato Schnabel, tenere d’occhio i rischi di alta inflazione che al momento i mercati anticipano per prepararsi a un’eventuale risposta. Una dichiarazione che sottolinea le differenti vedute all’interno del board sulla questione.
Molteplici gli spunti, anche in questo senso, che potrebbero arrivare oggi, quando è prevista una sfilza di interventi pubblici da parte di autorevoli esponenti del consiglio, in testa l’influente capo-economista – fautore della linea dovish, Philip Lane che prenderà la parola nel primo pomeriggio. Da segnalare, i timori espressi dalla responsabile portoghese del debito Cristina Casalinho, secondo cui la recente volatilità dei mercati dei bond sovrani è fonte di preoccupazione per le agenzie europee di gestione del debito, anche se è probabile una transizione graduale al termine delle misure di stimolo post-pandemia da parte delle banche centrali.
Nel frattempo negli USA il piano “Build Back Better” da 1.750 mld di dollari voluto da Joe Biden, unito al programma per le infrastrutture da ulteriori 1.000 mld, non aggiungerà pressioni inflazionistiche sull’economia statunitense, secondo economisti ed analisti delle principali agenzie di rating interpellati da Reuters. Inasprimento della politica monetaria, cyber-attacchi e surriscaldamento dei prezzi potrebbero invece contribuire, sostiene l’ufficio studi del Tesoro Usa, ad aumentare i rischi sistemici per il sistema finanziario statunitense.
Sul fronte della ormai prossima nomina alla presidenza della Fed – con Jerome Powell in pista per una riconferma e Lael Brainard per una promozione – la Casa Bianca ha fatto sapere che prenderà una decisione entro il 25 novembre, giorno del Ringraziamento.
Buona parte del dibattito sull’inflazione ruota attorno al rincaro dei prezzi sull’energia. L’amministrazione Biden ha chiesto ad alcune delle principali nazioni consumatrici di PETROLIO di considerare il rilascio di parte delle loro riserve, in uno sforzo coordinato per abbassare i prezzi e stimolare la ripresa economica, secondo quanto riferito a Reuters da diverse fonti vicine alla questione.
I prezzi globali del greggio hanno toccato i massimi di sette anni alla fine del mese scorso, con l’offerta che non tiene il passo con la domanda. I partner Opec, compresa la Russia, hanno fatto resistenza sinora alle richieste del presidente Usa di accelerare il ritmo delle loro forniture. Nelle ultime settimane, Biden e il suo staff hanno sollevato la questione con alcuni alleati stretti, come il Giappone, ma anche con la Cina.
Nel nostro rapporto WB COMMODITY PERSPECTIVES avevamo segnalato la possibilità che dopo il test dell’area 85 usd/bar, il Brent potesse scendere aprendo una fase correttiva in direzione di area 77/76 usd. Le prese di beneficio operate a fine ottobre stanno portando i loro frutti. Confermiamo quindi lo scenario di breve segnalando comunque, come già scritto nell’ultimo report, che per avere un segnale di inversione del trend dovremo appellarci al breakout di 76/75 usd/bar. Questa settimana il nostro algoritmo di breve sta formando un primo segnale di ribasso, confermando la correzione indicata.
L’altro grande tema di preoccupazione sul fronte dell’energia riguarda il Gas naturale. IL contratto future TTF (Gas naturale europeo) è salito in questi giorni verso 80 euro a seguito della notizia secondo cui l’Agenzia federale tedesca delle reti ha annunciato la sospensione temporanea del processo di approvazione per il Nord Stream 2, il gasdotto tra Russia e Germania.
In merito alle quotazioni del TTF avevamo espresso un parere orientato al ridimensionamento significativo dei prezzi. L’attuale reazione dei valori non modifica ancora la il nostro Outlook. Pensiamo che la notizia possa influenzare a breve ancora i prezzi spingendoli nuovamente verso area 84/85 euro. Tuttavia, come abbiamo scritto nel WB COMMODITY PERSPECTIVES l’apertura di NordStream 2 risulta fondamentale per poter ridimensionare i prezzi e spingerli verso il nostro obbiettivo che rimane ancora fissato a 40 euro nel medio periodo con ritorni a 26 euro in un orizzonte più ampio.
Infine un’ottima notizia giunge dalle quotazioni del nostro benchmark sui noli marittimi. Nelle ultime settimane i prezzi del Baltic Dry Index sono crollati ai valori che costituiscono i picchi del 2019 ed inizio 2021. Il movimento che avevamo anticipato nel nostro post del 21 ottobre, sta sgonfiando la componente più speculativa prodotta da tutti gli squilibri sulle catene di fornitura.