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BREXIT: LIVE AND LET DIE

BREXIT: LIVE AND LET DIE¹

E’ la settimana degli indecisi, il partito più affollato nei consensi politici in ogni parte del mondo occidentale. E’ lì che si giocano le alterne vicende delle volontà popolari. Il racconto mediatico ci mette in guardia dai rischi relativi al leave, come se quel referendum fosse il punto di arrivo e verifica del processo  di unificazione superato il quale tutto torna a suo posto.  In realtà la Gran Bretagna con il Brexit rischia di dover ridiscutere con L’UEM gli accordi economici, ridefinire quelli finanziari, subire dazi e rincari di tariffe doganali. Ma tra i due, il soggetto più debole è indubbiamente il secondo. In termini di interscambio l’Inghilterra importa verso l’Ue più di quanto esporti, per cui in un momento di stagnazione è chiaro che la convenienza mercantile porterà l’Europa a gestire un’eventuale nuova condizione tenendo conto che ogni cliente è indispensabile per fare affari,  (Russia docet).
A nostro avviso il referendum mette in luce, qualora ci fosse bisogno, i veri punti di debolezza del processo di unificazione monetaria: la crisi degli stati appartenenti all’euro. In particolare dopo 5 anni dallo scoppio di quella relativa ai debiti sovrani, succeduta alla grande crisi del 2008,  ci troviamo con bilanci pubblici in cui i rapporti di debito rispetto alla ricchezza prodotta risultano sostenibili unicamente grazie all’apporto della BCE.  In qualità  di consulenti non dobbiamo mai dimenticarci che senza l’azione di Mario Draghi e la sua replica del QE, oggi saremmo a parlare d’altro.

Brexit ed ancor più il Qe mettono in secondo piano il perché dei problemi dei corsi azionari, del crollo di quelli bancari. Mascherano la realtà.
L’Unione ed in particolare i paesi periferici, sono soffocati da debiti. Semplificando, i debiti a loro volta soffocano la crescita, indeboliscono il sistema produttivo, le aziende, le quali finiscono per non riuscire ad onorare i loro impegni. 8 anni di crisi hanno messo a dura prova i conti delle aziende italiane. Negli ultimi 5 anni sono aumentati come non
mai le insolvenze,  portando il rapporto tra i finanziamenti ed i NPL vicino alla soglia del 20%. Dei 360 miliardi di euro oltre 200  costituiscono sofferenze  la cui riscossione non è certa da parte degli intermediari che hanno erogato i finanziamenti perché i soggetti debitori risultano in stato di insolvenza. Si stima che oggi tali poste siano svalutate tra il 50 ed il 40% del loro valore (a seconda delle banche) mentre il mercato le valorizza al massimo al 20% del loro valore nominale. Vi è un gap di circa 45/50 miliardi di cui il sistema deve farsi carico. Il mercato sta già dando una sua risposta sul come le banche dovranno affrontare le perdite. Il risultato è piuttosto evidente: i corsi dei titoli perdono oltre il 50% della loro capitalizzazione negli ultimi 12 mesi, da inizio anno oltre il 40%.
Ancora una volta i mercati si appellano alla BCE invocando o semplicemente sperando nella realizzazione di misure orientate all’allargamento del perimetro operativo del QE, in cui si includa anche l’acquisto di cartolarizzazioni derivanti da securitization dei NPL.
In attesa,  si fanno i conti con ciò che ci porta alla realtà. Di conseguenza con i numeri di cui sopra, Brexit assume un ruolo di sovrapposizione  a problemi di funzionamento dell’hardware sull’Unione.  Ovviamente il leave esaspera tali condizioni, ma il remain non le risolve.
Il differenziale tra i rendimenti a 10 anni italiani e tedeschi, lo scorso venerdì ha testato nuovamente area 150 punti base. Questa mattina la BCE ne ha raffreddato il tenore evitando di lasciar valicare il livello, confermando ancora una volta la criticità del suo valore.  Vero,  una parte del merito della reazione positiva dei mercati va attribuita alla lettura di un probabile esito negativo al referendum, ma questo non toglie i problemi sopra descritti.
Il surplus tedesco del tutto evidente nella lettura Target 2, lo sottolinea sempre più con forza.
Fintantoché non si ristabilisce condizioni di equilibrio tra competitività e crescita, in Eurozona ci sarà sempre una Brexit che tenterà di riportarci alla realtà.
Il problema, apparentemente nostro, è nelle mani della Germania.
Ma come si stanno posizionando i mercati in vista del referendum? Nei giorni precedenti si sono intravviste le correnti di allineamento costruite sulla base del presunto esito: in caso di Brexit il mercato penalizzerebbe nuovamente nell’ordine: sterlina, euro, mercati azionari, spread sovrani (periferia). Si riaprirebbe una fly to quality verso: U.S. dollar, jpy, Treasury Bond, Bund, parzialmente monete scandinave, oro.
Ovviamente in caso di un giudizio popolare negativo gli effetti invertirebbero segno.
Un primo significativo segnale è dato dal comportamento del cable, il cambio diretto tra     gbp-usd, i valori dopo aver ceduto area 1,47 agli inizi dell’anno, stanno nuovamente convergendo verso il livello, piu  volte testato nel corso degli ultimi mesi. L’eventuale break-up di 1,47 andrebbe letto come reazione positiva per i mercati. Contro euro ciò si traduce in un ulteriore apprezzamento del pound che in ogni caso necessita di violare al ribasso 0,7550 eur-gbp, per confermare la tendenza di cui sopra. Nel rapporto diretto eur-usd, ciò significherebbe un cedimento dell’euro nei confronti del dollaro di area 1,1150.  Nel contempo i due livelli di guardia a cui prestare attenzione rimae in chiave strategica area 0,8050 eur-gbp, in chiave tattica 1,1360 eur-usd.
La reazione degli ultimi giorni dei mercati azionari non elimina le preoccupazioni che finora abbiamo messo in evidenza. Il FTSE 100 di Londra risulta impegnato a sciogliere una condizione che sta progressivamente volgendo al peggio: i corsi oscillano all’interno di un’area piuttosto ampia compresa tra
6430 e 5730. Il range identifica le oscillazioni all’interno di un quadro precario. Per rivedere il giudizio da negativo a positivo, dovremmo rilevare un break-up della parte alta 6430, mentre quella inferiore costituisce il punto sotto il quale attendersi nuovi accelerazioni negative. L’eventuale difficoltà a superare 6260 sin d’ora, può essere interpretata come segnale di difficoltà e quindi propedeutica ad un ulteriore indebolimento dei corsi.
L’Eurostoxx 50 transita in area 2950, primo livello che delimita il rialzo a semplice reazione e non definisce ancora una struttura rialzista qualificata. Sotto il profilo tecnico, i livelli in grado di ribaltare la tendenza negativa transitano oltre i massimi da cui si sono materializzate le vendite di fine maggio. Da inizio anno l’indice segnala perdite nell’ordine del 13%, mentre negli ultimi 12 mesi il passivo  sfiora il 18%. In questo quadro si inserisce l’Italia con perdite da inizio anno pari al 20%. In termini relativi il nostro mercato, prevalentemente costituito dal comparto finanziario, paga il deficit  di competitività riflesso nei conti delle banche attraverso gli NPL. C’è il rischio concreto che tale condizione possa spingere l’indice, così come già accaduto per alcuni titoli bancari (Unicredit),  ai minimi della crisi dei debiti sovrani e sotto i minimi del 2008/9.  La reazione può tradursi in un apprezzamento che rischia di rimanere temporaneo ancorché i prezzi non siano in grado di oltrepassare le soglie tecniche presenti in area 17500.
L’America assiste impavida a quanto sta accadendo sui mercati annullando tutti i segnali che esercitano una qualche attrazione per i ribassisti. L’area più probabile in cui le vendite possano avere la meglio sugli acquisti transita poco sotto 2040.  Assistiamo ad interventi quantomeno equivoci sulle difese che intervengono in coincidenza con le iniziali aggressioni regressive. A breve ci misureremo con area 2090 quale possibile ostacolo ai rialzi e 2030 come presumibile punto sotto il quale sono presenti molti ordini di vendita.
L’oro in questo quadro complesso ed articolato continua ad accumulare forza nel tentativo di strappare quota 1300 usd. Il primo collaudo è per il momento fallito. Per quanti detengono posizioni lunghe così come descritto nel rapporto mensile, si raccomanda di vigilare su due livelli di contenimento dei realizzi di breve: area 1250  ed in seconda battuta area 1215. La Fed, a conferma di quanto abbiamo scritto nei precedenti report, segnala che non ha alcun desiderio di aumentare i tassi a breve.
 
Teme ancora turbolenze. Turbolenze e tassi bloccati tendono a sostenere gli acquisti di oro. Per il momento i rendimenti sul 10 anni U.S. sono scesi sotto 1,70/60 fissando un minimo a 1,50. Le  reazioni   ci diranno se i valori tenderanno a consolidare per i prossimi mesi area 2/1,50% o se invece nelle prossime settimane riprenderà la discesa dei corsi sotto 1,50 avviando l’ultima fase riflessiva assecondata da un ciclo di avversione al rischio.

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UK FDI – FOREIGN DIRECT INVESTMENT

 


 
¹LIVE AND LET DIE:  è la canzone principale del film di James Bond Agente 007
VIVI E LASCIA MORIRE, scritta dai McCartney, Paul e Linda ed eseguita dalla band di McCartney,  Wings . Il brano è del 1973, lo stesso anno di Selling England By The Poundnella conzone si racconta che:
Quando eri giovane ed il tuo cuore era un libro aperto
dicevi sempre:
vici e lascia vivere,
Ma se i continui cambiamenti in cui viviamo
Ti fanno  arrendere e piangere
Di’: «Vivi e lascia Morire»

Si riprende anche in questo brano, così come raccontato nella parodia di Peter Gabriel dei Genesis,  il tema della perdita dell’innocenza e della crisi sociale in atto in Inghilterra nel 1973, anno in cui la Gran Bretagna firma il trattato  CEE con l’Europa.
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