Al FORUM di AITI, Treasury & Finance Forum Day, abbiamo messo a fuoco, di fronte ad una platea con oltre settecento tra Tesorieri e CFO, quelli che riteniamo possano costituire i focus su cui i mercati convergeranno la loro attenzione nel 2024. Innanzitutto la crescita a partire dall’Eurozona ma da estendere in termini di rischio alla Cina senza escludere un rallentamento negli Stati Uniti. Oltre il 90% delle aree economiche su scala globale evidenziano una contrazione della crescita nel comparto manifatturiero. Le aree che soffrono maggiormente ruotano tutte attorno alla Germania. Nei sondaggi le imprese indicano aspettative piuttosto negative per il futuro prossimo. Il valore dell’indice PMI quota molto vicino ai minimi segnati nella crisi del 2008 ed in quella generata dal blocco Covid nella primavera del 2020, quando tutte le attività erano nel fermo produttivo.
Accanto ai temi della crescita abbiamo evidenziato i rischi sull’energia, segnalando da un lato l’attesa per un ulteriore ridimensionamento delle quotazioni del gas naturale in Europa, nonostante il rimbalzo delle ultime settimane del benchmark Dutch TTF NG. Preoccupa invece l’andamento del petrolio. La volontà di mantenere un profilo più più controllato dell’offerta ne sostiene i prezzi minacciando quota 95/100 usd/bar. Sarà importante che le contrattazioni non superino tale barriera per evitare che si inneschi una spirale speculativa che inevitabilmente comprometterebbe il lavoro sinora fatto dalle banche centrali nel raffreddare l’inflazione.
Infine abbiamo messo a fuoco il principale rapporto di cambio eur usd. Qui le dinamiche geopolitiche tendono a scaricare i loro effetti da un lato mettendo in evidenza la vulnerabilità dell’euro dovuta principalmente alla crisi energetica unita alla rimodulazione delle catene di fornitura e con esse commerciali. Sul fronte opposto il dollaro beneficia del supporto diretto dei regulators statunitensi orientati a demotivare con il rafforzamento della divisa americana la costruzione di una moneta alternativa per la regolazione degli scambi commerciali vedi progetto R% (nuova moneta BRICS+) piuttosto che una maggiore centralità del cny.
Tutti questi temi tendono a riverberarsi nell’attuale realtà congiunturale: banche centrali, Inside Central Bank e PMI
In settimana si riuniscono i consigli di diverse banche tra cui spicca quello della Fed. giovedì mattina alle 9.30 commenteremo le decisioni che la Fed rilascerà nella serata di mercoledì alle h. 20.00 e la successiva conferenza stampa del governatore J Powell. (INSIDE CENTRAL BANK E’ possibile iscriversi alla nostra diretta streaming al seguente link)
Venerdì invece l’attenzione ritorna a concentrarsi sui PMI Flash di settembre. Sarà l’occasione per verificare se i segnali di rallentamento che abbiamo analizzato durante l’estate confermano la tendenza riflessiva anche nell’ultima parte del 2023.
Banche centrali e tassi: dopo la Bce si riuniscono Fed, BoE (Inghilterra), Riks Bank (Svezia) e Norges Bank (Norvegia)
Gli operatori si aspettano che la Federal Reserve lasci invariati i tassi di interesse, anche se la porta sarà lasciata aperta per futuri rialzi. Prevedono un possibile aumento da parte della Banca d’Inghilterra, pur non escludendo del tutto una pausa. Le due banche scandinave invece, dopo una pausa, sono attese più aggressive con stime orientate verso un nuovo rialzo dei tassi.
La Fed secondo le probabilità tracciate dalla curva dei Fed Funds non dovrebbe alzare i tassi, pur tenendo aperta la finestra per un rialzo a novembre, la cui stima delle probabilità si alza al 40%. Più che la decisione sarà la conferenza stampa a catturare l’attenzione. Come sempre le parole di J Powell saranno oggetto di studio per comprendere quale sia l’orientamento del Fomc in merito alla linea di policy da tenere in futuro. Pensiamo che l’atteggiamento data driven continuerà a guidare le scelte dei consiglieri. Trattasi di un modo raffinato per tenere alta la tensione senza compromettere la forza del dollaro.
La strategia di comunicazione dipendente dai dati… data driven
La Fed, come del resto anche la BCE, continua a voler vincolare le proprie decisione sulla base dell’andamento dei dati. Dal nostro punto di vista ciò consente di guadagnare tempo nell’assumere una posizione correlandola allo sviluppo del quadro economico, in particolare inflazione e crescita. I dati recentemente riportati continuano ad evidenziare una congiuntura ancora positiva: La Fed non vuole correre il rischio che l’inflazione persista. Di conseguenza se il Board lascerà i tassi di interesse invariati questa settimana, la porta potrebbe rimanere aperta per un potenziale rialzo futuro. Gli economisti si aspettano universalmente che il range del tasso obiettivo dei fondi Fed venga lasciato al 5,25-5,5% il 20 settembre, con i mercati che non scontano nessuna mossa restrittiva.
Pensiamo che la Fed lascerà aperta la probabilità che possa intervenire a novembre , senza peraltro voler metterlo in pratica. Questa linea potrebbe sedurre anche la BCE. La combinazione di costi di finanziamento più elevati e minore disponibilità di credito, oltre all’esaurimento dei risparmi accumulati durante la pandemia, metterà sotto pressione in quest’ultima parte dell’anno i consumi.
Di conseguenza nelle prossime settimane potrebbero emergere con maggiore apparenza dati che preludono ad un indebolimento economico più robusto. La preoccupazione che quest’ultimo possa spingersi troppo oltre (come sottolineato da alcuni funzionari nei verbali del FOMC di luglio) causando un incremento delle probabilità di recessione, dovrebbe rappresentare un buon motivo per astenersi da altre chiamate restrittive.
Considerato questo rischio e gli sviluppi positivi sull’inflazione e sul costo del lavoro, il flusso tenderà ad indebolire gradualmente le ragioni per un rialzo dei tassi a novembre o dicembre. A quel punto in uno scenario meno confortante, con un serio rallentamento del ciclo globale, il mercato ritornerebbe a scontare l’avvio di una fase di tagli dei tassi, petrolio permettendo.
Come indicato al Treasury & Finance Forum Day per l’Eurozona il primo trigger, indicato dal nostro modello nelle osservazioni dell’andamento dell’IRS a 2Y, in grado di guidarci verso questa fase transita in area 3,60% (5% US 2Y). Dovremmo attendere questo segnale per poter sciogliere ogni riserva su uno scenario ancora complicato. Nel frattempo dovremo vigilare in termini di rischio sulle tensioni tuttora presenti sotto traccia, vedi l’e reazioni del Money Market post BCE.
Bank of England
Anche la BoE sta predisponendo le basi per la fine di questo ciclo di inasprimento. La banca centrale potrebbe essere tentata di seguire la Fed questa settimana, lasciando aperta le ipotesi, tutte da verificare, di un rialzo a novembre. Diversamente dalle due principali banche centrali, la Boe sembra alle prese con un inflazione più vischiosa, dove le pressioni salariali e quelle sui prezzi nel comparto dei servizi risultano più difficili da smantellare. Tuttavia qualora la Fed dovesse cambiare bias difficilmente la Boe seguirebbe una strada diversa.
Svezia: La Riksbank prevede un ulteriore aumento del tasso di 25 punti base
Con l’inflazione dei servizi svedesi ancora elevata combinata con un un valore della corona ai minimi, la Riksbank potrebbe agire nuovamente chiamando un rialzo di 25 bp nella riunione di questa settimana ed uno successivo entro la fine dell’anno. Tuttavia la crescita è sotto pressione. L’economia sta chiaramente reagendo all’aumento dei tassi di interesse. Il PIL è sceso nel secondo trimestre nella misura dello 0,8%. Anche se la Riksbank rimane in posizione restrittiva, il fragile contesto economico suggerisce che siamo vicini al picco.
Norvegia: la Norges Bank potrebbe decidere di alzare i tassi per l’ultima volta questo mese
Anche la corona norvegese si è indebolita in un contesto in cui i mercati tendono a penalizzare i corsi a fronte di una Banca centrale più incerta sulla linea da seguire. Qualora dovesse effettuare la chiamata al rialzo potremmo ritenerla conclusiva del ciclo restrittivo.