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YES WE CAN DRUG.IT

Nel 2017 si celebrerà il 500° anniversario della Riforma Protestante in Germania. Wolfgang Schäuble, di formazione luterana, ha recentemente scritto a proposito di Martin Lutero “che non ha difeso solo la libertà di coscienza, ma ha preso partito, politicamente, in un modo che oggi definiremmo preoccupante, meglio, in modo totalmente brutale”. Lutero avrebbe portato nella politica uno “stile di battaglia dura”; con lui nel “pensiero politico tedesco è entrato un pensiero che distingue nettamente tra amico e nemico”. Nell’estensione ecumenica il monaco Lutero esprime nel suo pensiero una convinzione estrema: solus Christus, sola Fides, sola Scriptura. In una dimensione politica la critica del ministro Schäuble al pensiero di Lutero assume un valore significativo, soprattutto se confrontata all’ortodossia con cui il ministro combatte la dialettica e le critiche che si oppongono alla linea politica che la Germania impone all’Unione Europea.
La rigidità fiscale con cui l’Unione governa i partners europei ha prodotto una netta spaccatura all’interno dell’Eurozona adeguandone il funzionamento ad una velocità a doppio regime: nord gdp europeverso sud. Il grafico che riporta i principali andamenti del GDP rimodulato su base unitaria a partire dal picco relativo all’ultimo ciclo espansivo, 2003-2007, denuncia nella sua drammaticità le difficoltà in cui i paesi periferici sono sprofondati con le ultime due crisi economiche, quella del 2008 e successivamente quella del 2011-12. In buona sostanza il valore del prodotto interno lordo non ha più avuto la forza per recuperare gli standard di crescita precedenti. La BCE consapevole del doppio regime di velocità, ha opposto alla rigidità fiscale una serie di facilitatori monetari che nonostante le mille critiche ha avuto il beneficio di sostenere le economie sottostanti grazie alla debolezza dell’euro. Finora i vari programmi di sostegno monetario, LTRO e QE, non hanno avuto il merito di alimentare secondo le aspettative le linee del credito alle imprese. Mario Draghi ha utilizzato fino in fondo in ogni occasione, ogni parola, per convincere i mercati che avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare l’implosione dell’UEM.
Il 10 marzo il mercato si aspettava molto di più dei proclami. E Mario Draghi questa volta non ha disatteso gli impegni: allargamento quantitativo del Qe da 60 a 80 mil/mese, allargamento del perimetro degli attivi eligibili, diminuzione dei tassi sui depositi tra banche e regolatore.
La Bundesbank non è d’accordo.

Ritiene che l’UE sia sufficientemente forte per crescere. Ha trasformato il QE lineare in un QE come principio dinamico alterando la linearità in caos. L’euro dopo l’annuncio è impazzito. Sempre il Presidente ha escluso ulteriori tagli ai tassi di deposito, tuttavia oggi il decennale tedesco rende 0,20%, quello americano 2%; negli USA l’inflazione sta ritornando sui valori medi rilevati nel periodo 1997-2007, ovvero quelli realtivi al decennio pre-deflazione. In Eurozona siamo in piena deflazione. Quindi non è sufficiente guardare ai tassi europei senza considerare il rapporto relativo con quelli americani.
Ci troviamo dunque, a distanza di dodici mesi, a rilevare quotazioni al di sopra del valore fissato al lancio del programma QE (1,05 eur-usd), con un’ampia gamma di stime sugli impatti che, sommando l’estensione decisa, si rifletteranno su tutti gli attivi partendo dal fato che in questi 12 mesi il FTSE Mib, il Dax e l’Eurostozxx 50 registrano perdite tra il 16 ed il 17%, l’euro sul dollaro guadagna il 5,5%, sulla sterlina poco più del 9%, mentre nei confronti dello yen il delta è nullo. Il Dollar Index in questi ultimi 12 mesi perde il 3,5%. L’euro come lo yen sono sovrastimati.
Il giorno dopo la BCE i principali giornali tedeschi nel loro pensiero lineare ed arrogante si sono scagliati contro Draghi aprendo definitivamente il campo di battaglia. Qui si decide la sopravvivenza o la distruzione delle nazioni. Benchè la dottrina del QE da sola non basta a dare soluzioni alla stagnazione dell’Eurozona, essa costituisce una leva su cui definire una strategia di forza morale per la crescita che sfidi il pericolo estremo delle lotte che logorano l’armonia delle decisioni. L’unico paese che potrebbe essere in grado di farlo è la Germania, grazie al surplus delle partite correnti e bilancia commerciale di oltre 7% sul GDP. Tra l’altro l’avanzo deriva in buona parte da squilibri presenti nell’Eurozona. I trattati imporrebbero l’adozione di misure dirette ad un ribilanciamento tra partners in surplus rispetto a quelli in deficit. Berlino tuttavia rimane sorda a qualsiasi sollecitazione. imane quindi la via dell’export ed il cambio, oltre a favorire la Germania aiuta anche i paesi trasformatori quali l’Italia.
L’Italia soffre per asfissia fiscale. Si cerca di rivendicare margini di manovra sul lato della flessibilità ottenendo in cambio richiami alla disciplina. L’Italia soffre perché il suo debito la rende ricattabile, ovvero vulnerabile a qualsiasi ritorsione. Il debito vero macigno, quota al limite dell’area Investment grade, ad un notch (gradino) dal falling angel. Un downgrading ci posizionerebbe al di fuori del raggio d’azione della BCE e del QE.
A ciò si aggiunga la proposta avanzata dalla vigilanza centrale sulle banche e subito rilanciata dalla Germania, che impone l’obbligo per le stesse di detenere titoli del debito pubblico del proprio paese non oltre il 25% del capitale, qualora fosse approvata causerebbe non pochi distorsioni sul mercato. Sappiamo tutti quanto siano esposte le nostre banche su BTP etc.
Qualcuno sta già programmando le contromisure operative per non trovarsi allo scoperto in futuro.
Sarà perché viviamo e vediamo le cose dall’Europa, tanto da farci sembrare che la stessa costituisca l’anello più critico per i mercati. Tra tutti quello di raccordo più significativo coincide con l’Italia.
I mercati conoscono già le condizioni di altri malati: Cina, Brasile, Russia ovvero un pezzo significativo dei Bric. Temono un rallentamento già messo in conto degli USA, e prefigurano una potenziale uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Tutti questi fattori sembrano ponderati nelle ipotesi di rischio. Meno che l’Italia.
Ecco spiegata l’importanza della BCE che tuttavia serve per guadagnare tempo. La soluzione per l’Unione Europea passa
attraverso una necessaria ridefinizione degli equilibri a partire dalla competitività.
In attesa del risveglio da questo lunghissimo sogno angoscioso, i mercati continuano a dimostrare di temere perdite significative di momentum. Benchè siamo all’interno di una finestra reattiva non vi sono ancora le condizioni per sciogliere la prognosi sul funzionamento del 2016.
Nei due precedenti aggiornamenti settimanali di febbraio al nostro Outlook WB>PERSPECTIVES©, abbiamo messo in evidenza l’apertura di una correzione motivata dall’attesa per il G20 e per il meeting della BCE. Vedremo se in questa finestra i prezzi dimostreranno di avere la forza di salire oltre le aree che delimitano il territorio in cui domina la tendenza regressiva.
E’ possibile che si apra un braccio di ferro proprio al limite del confine.
Il framework che ha introdotto i prezzi in questo 2016 secondo le nostre stime continua farci dubitare sulla sostenibilità delle attuali valorizzazioni. Pensiamo che prevalgano ancora i timori verso un passaggio congiunturale tutto da scrivere. Prendendo come riferimento il MSCI World, il punto su cui mettere a fuoco eventuali cambiamenti rispetto ad uno scenario riflessivo transita in area 1250/1275 (rilevazione 10/3/16 – 1216). L’eccitazione innescata dalla manovra della BCE potrebbe consentire ai prezzi di tracciare una coda di rialzi a breve su cui probabilmente un certo scetticismo potrebbe frapporsi con nuovi realizzi.