Come già indicato lo scorso mese, il Dollar Index dopo una fase di correzione che aveva preoccupato non poco, è tornato ad esprimere positività riconquistando il range all’interno del quale oscilla da più di un anno. Il rialzo oltre quota 95 ha inserito quindi il dollaro in un contesto in cui è plausibile attendere ulteriori apprezzamenti della moneta americana.
Dopo un consolidamento sopra quota 95 pensiamo quindi che i prezzi possano riconquistare l’area 96,50/97 per preparare il terreno al successivo balzo verso 99,50. In questa fase di preparazione dovremo seguire due livelli su cui focalizzare il controllo dei rischi per le posizioni rialziste: quota 95 ma soprattutto area 94/93,50, tenendo presente che il limite minimo segnato recentemente quota poco sopra 92.
EUR USD – Il cambio è sceso con la fine di maggio esattamente dove ci aspettavamo: area 1,1150 eur usd. In realtà abbiamo visto minimi inferiori al livello indicato. Tutto ciò depone a favore della nostra visione che rimane per il breve termine ancora articolata, nel senso che ci attendiamo reazioni e parziali consolidamenti, ma che tendono ad esprimere nuove debolezze per l’euro. La complessità è data dalla confusione mediatica a cui sono sottoposte informazioni che hanno il difetto di celare il problema di fondo della moneta unica, ovvero il perdurante squilibrio dei fondamentali all’interno degli aderenti all’eurozona. Del resto questi passaggi tecnici, come risulta piuttosto evidente da una lettura sommaria del grafico, non esprimono direzionalità definite. Da qui la difficoltà a dare una lettura compiuta del quadro che risulterà invece più comprensibile nella lettura riportata nella pagina seguente.
A breve, ci attendiamo uno sviluppo ancora volatile legato da un lato alla lettura dei dati macro americani e con essa l’interpretazione che la Fed attribuisce alla visione macro per dare il via ad un ulteriore rialzo. Su tali basi pensiamo che difficilmente la Fed opererà nel corso dell’anno, tuttavia la permanenza dell’S&P 500 sui massimi può consentire al Fomc di dare il via ad una restrizione monetaria, ovviamente non prima delle elezioni presidenziali. Sul lato opposto dovremo verificare gli esiti e relativi riflessi del referendum inglese. Pensiamo che possano essere ancora reazioni e in questa prima parte dell’estate una permanenza dei corsi in area 1,14/1,11. La violazione di 1,1150 darà il via ad un ulteriore rafforzamento del dollaro verso la parte bassa del range 1,16/1,06.
La complessità a cui ci siamo riferiti nella lettura del ciclo tendenziale di breve termine, appare meno composita e quindi più organica considerando una visione più compiuta del quadro. Se si apre l’orizzonte, risulta più evidente il macro contesto in cui fluttua l’euro sul dollaro. L’attuale tendenza trae origine dalla lunga fase di distribuzione che unisce i massimi fissati tra il 2005 ed il 2014; la caduta successiva sotto i minimi che reggevano l’intera costruzione dell’euro, area 1,25/1,20, ha inserito le dinamiche della price discovery in un nuovo ciclo riflessivo. Tale fase assume rilevanza se raffrontata ai fondamentali. Mentre i PIL dei singoli paesi aderenti all’eurozona crescevano in modo organico durante il periodo 2000/2007, a partire dal 2008, anno in cui si è manifestata la prima ondata recessiva di ampiezza globale, a cui si è innescata la successiva, quella relativa ai debiti sovrani dell’eurozona, la dinamica della crescita cambia all’interno dell’UEM. Appare infatti piuttosto evidente come dalla crisi del 2008 le sottostanti economie abbiano performato in modo disordinato con alterne vicende. Alcune aree, Germania in testa, Francia a seguire, sono riuscite a recuperare gli effetti recessivi del 2008 e 2011-2, altre, Italia in coda, non sono riuscita a stabilire nemmeno una linea di ripresa (vedi grafico relativo al GDP). La crescita disorganica ha inoltre messo in evidenza la disparità espansiva di aree che godono di sovranità monetaria rispetto a quelle che condividono l’euro. A nostro avviso tali squilibri (verificabili anche in TARGET 2 EUROSYSTEM) si riverbereranno inevitabilmente sulle dinamiche del cambio. Per tale ragione riteniamo che il dominio dell’attuale rane di oscillazione risulti propedeutico ad un ulteriore caduta nel medio lungo termine dell’euro verso e probabilmente oltre la parità.