Nei mesi precedenti abbiamo allertato in più occasione l’attenzione dei nostri followers sui potenziali rischi di Turmoil che i mercati stavano accumulando.
Purtroppo le vicende che si stanno alternando in questi giorni tra le varie piazze accredita l’Outlook previsto.
L’Italia purtroppo continua a rappresentare l’anello debole della struttura sistemica. E’ inutile guardare altrove. Brexit centra ben poco con i problemi che hanno accumulato le nostre banche. Le sofferenze provengono da lontano e sottendono ad un problema ancor più serio: la perdita progressiva di competitività del manifatturiero. Il gap tra l’Italia e la Germania non si è mai chiuso nonostante il rigore imposto al Paese. Noi stimiamo che il delta quoti oggi un ampiezza prossima al 25%. In un ambiente in cui prevalgono stagnazione globale, crisi finanziarie disseminate in più parti del mondo, austerity economica e rigore fiscale, essere penalizzati anche da una perdita di competitività non può che nuocere all’intero sistema.
Gli interventi necessari ed irrinunciabili sulle banche non eliminano il problema di fondo.
Brexit ed in generale il voto popolare (facciamo tutti parte del popolo) piacenti o meno mettono a nudo gli effetti degli squilibri che toccano direttamente ogni singola opinione.
Nei prossimi mesi altri cittadini saranno chiamati ad esprimere il loro giudizio a partire dalle ri-votazioni in Austria, per proseguire in Italia, nel 2017 in Francia, Olanda e Germania.
La Banca Centrale gestirà questo percorso difendendo con il suo braccio operativo, il QE, la volatilità degli spread governativi, cercherà di salvaguardare il sistema, ma alla fine dovrà concedere ai mercati un nuovo riequilibrio dei tassi di cambio.
L’euro da una anno a questa parte, nell’era del QE operativo, ha stabilizzato le proprie oscillazioni all’interno di un ampio range: 1.06/1.16 eur usd.
Noi siamo convinti che questa banda di oscillazione abbia una permanenza momentanea e che sia propedeutica ad un nuovo ridimensionamento del cambio. Abbiamo da tempo indicato alle aziende che seguiamo la strategia che riteniamo più corretta per sfruttare attraverso la dinamica del cambio un migliore posizionamento sul lato della competitività.
Il dollaro dopo anni di debolezza è ritornato (sin dall’ormai lontano 2014) ad essere il punto di maggior attrazione per i flussi che escono da situazioni di crisi alla ricerca di un parcheggio di qualità. Oggi i capitali alla ricerca di stabilità e tassi remunerativi trovano quasi esclusivamente rifugio sulla divisa americana. Più che la politica monetaria della FED fa premio il fatto che gli USA rappresentino un’isola in cui, benchè la crescita sia in rallentamento, vi sono tassi eccezionalmente appetibili per un mondo in cui ormai oltre 11,7 trillion di dollari (fonte Fitch Ratings) di bond quota rendimenti negativi. In queste condizioni la Federal Reserve, di cui attendiamo questa sera le minute dell’ultimo FOMC, cercherà di allontanare il più possibile nel tempo ulteriori rialzi dei Fed Funds. Noi pensiamo che il Board prenderà nuove decisioni in tal senso non prima della fine del 2017.
A rafforzare il dollaro nelle prossime settimane sarà anche l’andamento delle commodity. Il petrolio, pricipale driver della ripresa del comparto assieme all’oro, ha esaurito la sua prima forza di recupero. Avevamo stimato per questo primo movimento di rialzo un target a 52 usd/bar recentemente raggiunti dal mercato. Pensiamo che nei prossimi mesi il greggio tenderà a cercare di consolidare questa prima fase con ritorni di prezzo in area 45/40 usd/bar, eventuali movimenti di coda potranno anche spingerlo a 35 usd formando un nuovo floor. La successiva ripresa, probabilmente dopo le Presidenziali americane, riporterà i prezzi nuovamente verso i recenti massimi. Ciò funzionerà come driver per i mercati azionari (con un time shift), i quali agli inizi del prossimo anno potrebbero ritornare a guardare il mondo con lenti diversamente colorate.
Quest’insieme di congiunture favorirà dal punto di vista valutario ancora gli esportatori, ma anche coloro i quali diversificheranno il loro patrimonio in posizioni denominate in dollari. In effetti nelle nostre best ideas d’investimento, in coerenza con quanto abbiamo scritto negli ultimi 12 mesi, abbiamo privilegiato un asset allocation in strumenti denominati in usd, government global bond, euro bond con elevata duration, emerging bond (Embi +) ed oro. Pensiamo che questa impostazione tattica possa rispondere in modo efficace al Turmoil che sta nuovamente aggredendo i mercati.
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