I dati pubblicati in questi giorni relativi al clima di fiducia delle imprese conferma la distonia d’azione tra l’andamento delle macro aree globali. La Cina arresta le dinamiche riflessive aprendo una finestra quantomeno reattiva. UK sembra invece aver consolidato un segnale di inversione della tendenza riflessiva. Gli Usa, nonostante gli ottimi dati (almeno nell’apparenza delle statistiche) sul GDP del I° trimestre, continua a perdere momentum, ma non è ancora inserita in un contesto di grave rallentamento. Chi invece soffre a cielo aperto è l’Eurozona.
L’area che esprime le minore condizioni di fiducia sul futuro prossimo è indubbiamente l’UE. I dati di consensus rilevati dall’indice PMI (Purchase Manager Index) è ai minimi degli ultimi 6 anni, ovvero nel segmento segnato durant la precedente crisi sui debiti sovrani.
L’Asia ed il Giappone manifestano anch’essi un calo della fiducia ma al momento il loro indice rimane attorno a quota 50, ovvero sulla linea di spartiacque tra crescita e decrescita.
Tra le 4 principali aree economiche all’interno dell’Eurozona la Germania segna il passo più negativo. La Spagna continua a reggere il momentum, l’Italia sorprende per la sua resilienza. La ragione della reazione rimane principalmente correlata alla tenuta dell’export che tuttavia a livello globale evidenzia un trend di caduta preoccupante.
E’ la ragione per cui ieri mattina in Asia le borse hanno accusato un serio sell_off alla notizia di una preoccupante deviazione degli esiti sulle trattative commerciali tra Usa e Cina.
L’export, in un mondo ideale, rappresenta la via di fuga per tutte le economie manifatturiere in cerca di mercati e di domanda. Gli Usa principali consumatori del mondo usano questa loro esigenza come leva per trattare su più temi: è la geopolitica del nuovo ordine mondiale in costruzione.
Alla fine è nell’interesse globale trovare accordi per non far deragliare i precari equilibri della crescita.
Tra tutte le informazioni disponibili, la leva che sostiene la nostra convinzione sull’ipotesi che la ricerca di un accordo è nell’interesse comune, è ancora una volta riconducibile alla tenuta del cambio usd cny all’interno di un range che non esclude ancora una discesa dei corsi sotto quota 6,70. La reazione di ieri mattina si è fermata ancora prima delle soglie del non ritorno ovvero in area 6,80 usd cny. Ciò significa che il mercato o meglio chi lo indirizza ha voluto rispondere alle provocazioni con altra provocazione: tu alzi i dazi ed io sterilizzo il rialzo compensando con una svalutazione del cambio.