La notizia che in queste ore colpisce maggiormente l’attenzione degli investitori riguarda la discesa in territorio negativo dei rendimenti su carta obbligazionaria per 10 triliardi di dollari a livello globale. In parallelo la parte lunga della curva USA è scesa sotto quella breve invertendo di fatto l’inclinazione della stessa sul tratto lungo. E’il segnale che anticipa l’arrivo di una recessione.
In Europa siamo di fatto già percorrendo da mesi una fase di rallentamento che sta spingendo velocemente le economie all’interno di un ambiente recessivo.
Le borse non hanno assorbito al momento alcun segnale particolarmente allarmante su questo fronte. Gli indici continuano a rimanere molto vicini ai massimi di periodo. Ci chiediamo se si tratta di una movimento inerziale, susseguente alla spinta di inizio anno o se invece il motore dei rialzi continui a trovare ulteriore carburante per la crescita. L’attesa per un nuovo giro di giostra con il QE sta aumentando nelle ipotesi considerate dagli investitori, quindi non si procede alla rotazione del portafoglio per la presenza di rumors che mettono in evidenza l’arrivo del carburante.
Ma i trigger sono pronti a scattare nell’eventualità in cui qualche notizia non scontata che possa deteriorare l’equilibrio in atto. C’è più nervosismo di quanto non trapeli in superficie.
In merito all’Italia l’agenzia di rating S&P ha tagliato le stime di crescita allo 0,1% per l’anno in corso dal +0,7% di dicembre, riportano i giornali. Nei giorni scorsi Confindustria ha ridotto a zero la previsione di crescita per il 2019 dal precedente 0,9%, a fronte dell’obiettivo ufficiale del governo di un Pil all’1%. E’ bene leggere queste informazioni inserendole in un contesto in cui tutta l’Eurozona evidenzia un rallentamento più o meno in accelerazione a causa del rallentamento dell’export globale e dei volumi fisici di merci scambiate.
Se da un lato si cerca una vana consolazione sui segnali correlati del rallentamento economico nell’UEM non si deve sottostimare il fatto che l’Italia da quando ha aderito al progetto dell’euromoneta, non riesce più ad esprimere tassi di crescita apprezzabili. In pratica secondo un grafico pubblicato dal Fondo Monetario la produttività domestica risulta strutturalmente inferiore a quella dei partner diretti. Ovviamente l’impatto sul Prodotto Interno lordo domestico risulta determinante nella definizione di una crescita stabilmente piatta.
BREXIT – Il Parlamento britannico oggi torna a votare l’accordo di divorzio dall’Ue, ma solo la parte sull’uscita e non quella sulla cornice per le future relazioni con il blocco. Resta incerto quando, come e persino se Londra lascerà l’Unione. Il presidente della Bce Mario Draghi ha detto che i mercati sottovalutano il rischio di una Brexit “no-deal” parlando con i leader europei al summit della settimana scorsa, secondo un’esclusiva Reuters pubblicata ieri.