SELLING ENGLAND BY THE POUND
Procede in modo caotico l’iter parlamentare inglese su come affrontare il deal Brexit.
Mentre sotto il profilo della narrazione mediatica l’iter appare privo di una qualsiasi strategia, i mercati o soggetti appartenenti ai mercati, stanno scontando uno scenario favorevole alla sterlina.
Il rapporto di cambio tra euro e pound sta ancora lottando per la definizione di un trend più direzionale di quanto non si abbia assistito negli ultimi quasi tre anni. Al momento prevale, pur marginalmente, una maggior forza della sterlina sull’euro. Questo segnale si gioca sul filo di quota 0.86 eur gbp.
Dalla fine di gennaio e con maggior vigore da fine febbraio, le negoziazioni sul cambio si sono concentrate proprio attorno a questa soglia con movimenti di coda a 0.87 ed 0.85 nella parte bassa del range. Nelle ultime due settimane si sono notati acquisti prevalenti di sterlina che hanno favorito un a più robusta aggressione dei corsi verso la parte inferiore della banda osservata.
Nel nostro Outlook 2019 abbiamo previsto per la sterlina uno scenario positivo fissando un target ben al di sotto degli attuali valori, il primo dei quali si colloca in area ,8350.
A gennaio il rapporto di cambio trattava sopra 0.90 eur gbp. Oggi, nonostante le apparenti, aggiungiamo anche caotiche incertezze, prevale nel rapporto di forza un maggior interesse a smontare i guadagni capitalizzati dall’euro dopo il referendum Brexit. Potrebbe sembrare una provocazione, ma l’unico motivo per cui si comprano sterline potrebbe essere dato dall’attesa che alla fine il Regno Unito non uscirà dall’Unione Economico Monetaria se non in forma soft.
QUANTE SONO LE AZIENDE CHE SI STANNO PREPARANDO AL BREXIT DEAL?
In un recentissimo sondaggio si è rilevato che poco più di un terzo degli operatori economici del Regno Unito (35%) ha dichiarato di aver scritto un piano formale per Brexit e un ulteriore 55% ha fatto delle indagini senza definire alcun piano. Di conseguenza, il sondaggio ha rivelato che la stragrande maggioranza dei produttori inglesi (91%) ha indagato in una certa misura l’impatto della Brexit sulle loro attività commerciali.
Anche i produttori in Irlanda (77%) e Germania (68%) hanno manifestato di aver pianificato una preparazione alla Brexit. Alcuni produttori irlandesi hanno riferito che sono state prese in considerazione accordi alternativi per sostituire i fornitori britannici. Un certo numero di produttori irlandesi ha manifestato un forte preoccupazione per i costi sconosciuti relativi alla logistica, agli oneri amministrativi aggiuntivi ed ovviamente all’applicazione di tariffe.
Le valutazioni d’impatto sulla Brexit sono risultate meno rilevanti nel loro processo di pianificazione tra i produttori di beni italiani (14%), seguiti da quelli in Grecia (16%) e Polonia (18%).
La percentuale più alta di operatori che considerano i preparativi per Brexit come non applicabili alle loro operazioni commerciali è stata osservata in Polonia (66%), con alcune aziende che indicavano nei bassi volumi scambiati con il Regno Unito le motivazioni principali per la minore attenzione verso la preparazione di piani dettagliati.
Preparazione alla Brexit – Servizi
Circa il 18% delle società di servizi del Regno Unito ha riferito di aver redatto un piano formale per Brexit e un ulteriore 49% aveva avviato alcune indagini, il che significa che due terzi dei fornitori di servizi del Regno Unito (67%) hanno valutato l’impatto della Brexit sulla loro operazioni.
Ci sono state segnalazioni di trattative con i fornitori per garantire una fornitura costante di materiali e piani per mitigare gli ostacoli normativi. Alcune aziende sperano di beneficiare della debolezza della sterlina prevista, mentre altre hanno espresso preoccupazioni per quanto riguarda la carenza di competenze. Un gran numero di intervistati ha evidenziato difficoltà nel formulare piani formali a causa di una mancanza di chiarezza in merito alle relazioni tra Regno Unito e UE.
La percentuale complessiva di preparazione alla Brexit nel settore dei servizi del Regno Unito (67%) era simile a quella registrata in Irlanda (65%) e ben al di sopra delle cifre registrate altrove in Europa, con la Germania al terzo posto al 37% degli intervistati. Mentre alcuni fornitori di servizi tedeschi hanno riportato bassi scambi con il Regno Unito, altri hanno notato difficoltà nella pianificazione dei diversi potenziali scenari Brexit.
La maggior parte delle imprese del settore dei servizi in ciascuna delle quattro grandi nazioni dell’area dell’euro ha riferito che la preparazione per la Brexit non era applicabile alle loro operazioni commerciali. I valori più alti “non applicabili” sono stati registrati in Francia (77%) e in Spagna (74%). Tra questi ultimi, ci sono state segnalazioni di impatti diretti non previsti, nonostante le preoccupazioni per impatti indiretti imprevedibili.
In Italia sono poco meno del 10% le imprese manifatturiere che hanno dichiarato di aver pianificato gli impatti derivanti dal Brexit, circa la metà quelle appartenenti al comparto dei servizi.