Le linee di policy monetaria della Federal reserve e della Banca Centrale Europea stanno convergendo verso un confronto muscoloso aprendo di fatto con i tweet del presidente Donald Trump i primi possibili battiti d’ala verso un nuovo capitolo della guerra valutaria tra Usa e UEM.
Da un lato la Fed si è allineata alle pressioni della Casa Bianca, dall’altro la BCE ha rilanciato, anticipando le mosse della prima, assumendo l’impegno di riattivare all’occorrenza gli stimoli monetari attraverso QE e ribasso ulteriore dei tassi. Il mandato operativo dei due governatori è quello di difendere la crescita delle rispettive economie attraverso la leva valutaria ed il relativo tenore delle esportazioni.
Il rapporto di cambio tra euro e dollaro ha prontamente assorbito il confronto sovrappesando l’azione espansiva della Riserva Federale. Il rischio di cambio percepito dagli operatori commerciali europei non si è ancora materializzato, benchè le negoziazioni si siano velocemente allontanate dai min imi di periodo. I corsi hanno raggiunto lo scorso venerdì la media mobile a 200 giorni in transito a quota 1.1350. Si tratta di un livello significativo ai fini statistici.
Questo passaggio del mercato intercetta oltre allo scontro diretto tra le due aree valutarie ed economiche, tensioni che si stanno intensificando all’interno dell’Unione per il rinnovo del Consiglio e della Commissione Europea nonchè sui contenuti dell’agenda politica.
In tarda serata pubblichiamo l’aggiornamento alla neswletter WB Perspectives dove fissiamo i livelli su cui aggiornare le tattiche operative per gestire le coperture sul rischio di cambio import ed export per i prossimi mesi considerando l’attuale evoluzione tecnica del mercato dei cambi.
L’Italia costituisce per l’emergenza delle questioni aperte sul tavolo del Consiglio Europeo un fattore politicamente rilevante.
Al momento i rendimenti e lo spread, contrariamente a quanto le tensioni di natura politica farebbero presupporre, si sta comportando secondo il nostro Outlook 2019 delineato alla fine dello scorso anno. Il differenziale è in transito a quota 240, mentre il 10 anni dopo aver testato il target 2,4/2,20 si sta dirigendo verso l’altro inedito obbiettivo, stimato sempre nel rapporto di scenario per il 2019, a 1,50%.
Contestualmente il 10 anni Germania sta verificando l’area target -0.30/-0.35%.
I mercati azionari hanno capitalizzato il nuovo vento accomodante delle banche centrali riassorbendo le recenti perdite in un clima in cui continua a prevalere la perdita di momentum della crescita globale. In Eurozona i recenti dati realtivi ai sondaggi PMI rivelano un parziale recupero del comparto manifatturiero che rimane comunque sempre sotto quota 50 (stagnazione/recessione); negli USA gli analoghi indici PMI per il settore manifatturiero e servizi evidenziano invece ancora una perdita di momentum.
MARIO DRAGHI a Sintra 17/19 giu – (Simposio delle banche centrali organizzato dalla BCE) “I rischi per l’outlook restano orientati al ribasso e gli indicatori sui prossimi mesi indicano una debolezza persistente” e la lunga durata di questi rischi “ha pesato sull’export e sul settore manifatturiero. In assenza di miglioramenti”, in una situazione tale da minacciare il ritorno dell’inflazione al target, ulteriori stimoli saranno necessari”, ha detto Draghi, sottolineando che “siamo impegnati a raggiungere il nostro target di inflazione e non siamo rassegnati a un tasso di inflazione basso per sempre, o anche solo per adesso”. Draghi ha anche voluto rassicurare sulle munizioni a disposizione.
“Il programma di acquisti di asset ha ancora un considerevole spazio disponibile”, ha aggiunto Draghi. Il banchiere centrale ha sottolineato anche che “i limiti che stabiliamo per i nostri strumenti sono specifici per le situazioni particolari che ci troviamo ad affrontare”. Draghi ha detto: “Se il passato ha mostrato qualcosa, è che siamo pronti a usare tutta la flessibilità concessa dal nostro mandato per raggiungere i nostri obiettivi”.