Come tutti sappiamo il G20 si conclude con una tregua delle tensioni commerciale tra Usa e Cina. Le parti in accordo congelano le loro richieste offrendo ai mercati segnali che nella loro lettura e percezione appaiono quantomeno positivi. Si attenua la guerra valutaria che nelle ultime tre settimane aveva acceso più di un timore per i governatori delle banche centrali.
Come recita l’antico detto tuttavia, non è oro tutto ciò che risplende. I leader del G20 si sono riuniti sullo sfondo di una condizione macro congiunturale poco favorevole. A riprova del dato generale riportiamo l’andamento pubblicato nelle prime ore di oggi dei sondaggi PMI di fiducia e sentiment relativi al comparto manifatturiero di Cina, Giappone e Corea del Sud. Tutti e tre gli indicatori esprimono per il mese di giugno condizioni di percezione di un rallentamento strisciante dell’economia (valori inferiori a 50 preludono a stagnazione/recessione nelle aspettative delle aziende intervistate).
Non c’è da meravigliarsi quindi se si sia giunti ad un accordo. L’economia globale risulta minacciata dalle tensioni che si sono accumulate tutte negli ultimi 18 mesi.
Tra Donald Trump e Xi Jinping ci sono stati evidenti segnali di disgelo: l’inquilino della Casa Bianca ha parlato di un incontro “eccellente” e ritirato la minaccia di nuovi dazi su 325 miliardi di dollari, permettendo a Huawei di tornare ad acquistare merce negli Stati Uniti “nell’interesse delle aziende Usa”. Xi Jimping riattiverà l’import agricolo e non solo dagli Usa.
Reazioni: il dollaro verso yuan renminbi ha abbandonato l’area dei massimi e si appresta a rientrare verso i minimi segnati prima del riaccendersi delle tensioni in direzione di 6.70.
Il dollaro ha recuperato terreno in modo sensibile contro l’euro. L’oro ha perso valore scendendo verso l’area di sostegno fondamentale a 1380/60 usd/oz. Le borse festeggiano.
Rimane ora aperta la questione tassi USA: la Federal reserve avrà ancora motivi per tagliarli?
La questione è seria. Se li taglia, come richiesto, rischia di innescare un rally pre bolla. Se non lo fa, rischia di innescare una correzione da disillusione. Come avevamo scritto nei giorni precedenti la nostra posizione prevedeva un rinvio degli eventuali tagli al prossimo autunno. Il 2% sul 10 anni US Treasury rappresentava per il nostro modello più un movimento di coda che non una tappa intermedia di una caduta da aspettative per tagli. L’esito del G20 rinforza quindi la nostra attesa per un ritorno verso il 2.4%. Una reazione che dovremo successivamente analizzare per riassettare il quadro complessivo.
Sullo sfondo permangono infatti dati deludenti sulla crescita manifatturiera a livello globale. Anche negli USA, i quali pubblicano nel pomeriggio il loro aggiornamento per il mese di giugno: ISM attesa 53, PMI attesa 50,1. In mattinata avremo la lettura di quelli di Germania 45,4, Francia 52 ed Eurozona 47,8.
La conferma delle attese darà forza alla linea di policy estremamente accomodante della BCE annunciata nel Symposium di Sintra.
Le due riunioni delle BC di fine mese 25 BCE, 30-31 FED saranno attesissime per verificare la loro posizione in merito.
Sulla borsa attendiamo ora la conferma del break up di quota 2960 per avere un nuovo innesco generale del rally delle borse azionarie globali.
Sull’Italia il G20 non ha evidenziato particolari novità. Tuttavia senza considerare il tema infrazione si infrazione no, il 10 anni BTP continua per la sua strada in direzione del nostro target intermedio 1.85%, ricordiamo che lo scorso anno avevamo fissato, controtendenza, per il 2019 un obbiettivo finale a 1,5%, lo spread sta per violare la soglia 240 e dirigere verso 200 punti base.