FEDERAL RESERVE TASSI – Oggi prende il via il Fomc che mercoledì deciderà sui tassi Usa, in un clima di incertezza legato alle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. Le attese sono per tassi invariati al 4,25%-4,5%, con la banca centrale che si trova a dover bilanciare la preoccupazione di un rallentamento dell’economia, alimentata dagli ultimi numeri sul Pil, e i timori che i dazi facciano lievitare l’inflazione. Il mercato si aspetta una nuova riduzione da parte dell’istituto, forse già a giugno, ma la Fed non ha motivo di prendere una decisione in tutta fretta con il mercato del lavoro che tiene. Il presidente Jerome Powell d’altronde ha ribadito che la banca centrale vuole vedere altri dati per capire quale sia il percorso più appropriato, nonostante le pressioni della Casa Bianca per un allentamento rafforzate ieri da Donald Trump. Nonostante le critiche, comunque, Trump ha detto che non rimuoverà Powell prima del termine del suo mandato nel maggio 2026. Farlo in anticipo metterebbe in crisi la credibilità della Federal Reserve compromettendo il principio di indipendenza che ogni banca centrale dovrebbe osservare.
Jerome Powell ed i consiglieri del Fomc sono preoccupati dal possibile rigurgito inflativo di cui si notano i primi segnali in evidenza. I recenti dati sul deflatore del Pil hanno contribuito ad abbassare sensibilmente le probabilità che il Consiglio della Federal Reserve riduca i tassi nel Fomc di giugno. I segnali in tal senso sono stati traslati nella riunione di luglio. Ad oggi la curva dei Fed Funds sconta tre possibili tagli di 25 bp entro il mese di dicembre.
In Eurozona a situazione appare meno articolata: la lettura dell’inflazione oltre le attese a livello di blocco ad aprile con l’accelerazione della componente ‘core’, per quanto indesiderata, non appare ancora un ostacolo ad un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce. Recentemente sono cresciute le attese di una riduzione, sempre di 25 bp, in occasione del meeting di giugno. Il vice presidente Bce de Guindos ha dichiarato di poter essere ottimista sul fatto che i tagli dei tassi proseguiranno.
Come noto a chi segue regolarmente la nostra ricerca, lo scenario di base su cui abbiamo costruito i nostri modelli di Risk Management stima un target per l’Euribor 3 mesi tra 1,75/1,50%. Su queste attese abbiamo elaborato da tempo i programmi per l’implementazione delle strategie di coperture IRS per le tesorerie dei nostri Clienti, definendo sulla base delle duration i livelli su cui pianificare l’hedging con gli strumenti più coerenti con le strategie di ogni singola impresa. Nel nostro ultimo report WB PERSPECTIVE RATE mettiamo in evidenza le stime sugli obbiettivi per tutte le scadenze lungo la curva IRS nonché gli eventuali livelli di Alert in caso di situazioni shock.
I dazi, le trattative ed i riflessi sui tassi Federal Reserve
E’ chiaro che in questa fase la partita sulle tariffe gioca un ruolo primario nella determinazione degli impatti sui tassi d’interesse. Gli Stati Uniti stanno incontrando molti Paesi sul tema del commercio compresa la Cina. Nelle ultime ore il presidente Donald Trump ha spiegato che la sua priorità rispetto a Pechino è assicurare un accordo equo.
Tokyo non intende minacciare la vendita dei suoi oltre mille miliardi di dollari in Treasury Usa nell’ambito dei colloqui con Washington sul commercio, ha detto il ministro delle Finanze giapponese ieri.
Le azioni di deterrenza alzate da alcuni paesi detentori di Treasury Usa hanno creato non pochi problemi all’amministrazione. In primo luogo i contraccolpi sui rendimenti. E’ noto che la strategia perseguita dal segretario del Tesoro, Scott Bessent, abbia l’obbiettivo di orientare un ribasso dei rendimenti sul tratto lungo della curva per poter rinnovare il pacchetto dei titoli in maturazione a condizioni più appetibili, soprattutto meno penalizzanti per il Budget federale. L’induzione di una correzione del mercato azionario rientra nei disegni della medesima strategia. Probabilmente nella trattativa sui dazi, la tattica della deterrenza rappresenta il punto più debole per la Casa Bianca, su cui i partner commerciali tentano di far leva per ottenere condizioni meno critiche per lo sviluppo dei loro commerci.
Il timore che queste azioni di deterrenza possano ancora ritornare a colpire il Tesoro, ha allontanato gli investitori dai Treasury a lunga duration. La carta governativa statunitense rimane comunque ancora privilegiata dagli asset manager che cercano di parcheggiare liquidità per timori di nuovi vuoti d’aria che potrebbe subire il mercato azionario. In particolare sono privilegiate le detenzioni a breve termine su durate inferiori a 12 mesi, i T-Bills. Per queste ragioni i rendimenti sul 10Y faticano a scendere in modo stabile sotto quota 4.20%. Una ancora possibile discesa sotto tale livello aprirebbe la strada per un ritorno dei rendimenti verso la soglia del 3,75%. La gestione tecnica di tale movimento preluderebbe ad ritorno di fiducia verso le duration più elevate rafforzando la percezione da parte degli investitori che lo scenario inflativo risulti meno preoccupante a beneficio non solo degli Stati Uniti, bensì del mondo intero.
La variabile tempo non gioca a favore del presidente Trump.
Nella sequenza degli eventi programmata dalla regia del Segretario del Tesoro, la correzione del mercato azionario doveva stimolare un diretto quanto immediato switch dei flussi dall’azionario all’obbligazionario entro la primavera. Tre sono gli obbiettivi perseguiti: come scritto ottenere una riduzione dei rendimenti, avere quindi ampia liquidità per rinnovare i titoli in scadenza e ristabilire equilibrio nei mercati entro l’estate, inizio autunno, per non turbare la programmazione della campagna elettorale per il voto del mid-term. Ciò significa mitigare entro l’autunno il quadro congiunturale in prospettiva delle elezioni che si terranno agli inizi di novembre del 2026.
Gli scambi commerciali hanno subito nel mese di aprile una significativa battuta d’arresto, la più elevata negli ultimi due anni.
Nonostante molte imprese abbiano anticipato l’introduzione delle tariffe doganali con un significativo aumento degli ordinativi, il sondaggio PMI Manufacturing su scala globale dei purchase manager ha registrato in termini di fiducia una sensibile contrazione sulle aspettative degli ordini all’esportazione. Escludendo gli anni successivi alla pandemia, il calo delle esportazioni di aprile è stato il maggiore registrato da ottobre 2012.
Un secondo indicatore di preoccupazione, subordinato all’indice PMI Manufacturing principale, è stato l’indice delle aspettative sulla produzione futura. Misurando le opinioni sui probabili livelli di produzione delle aziende sull’anno a venire, i valori sono scesi al minimo da ottobre 2022. Il livello del sentiment delle imprese a livello globale non è ora lontano dai minimi registrati nel 2019, quando la fiducia delle imprese fu colpita dal protezionismo commerciale intensificatosi durante il primo mandato del presidente Trump. Pensiamo tuttavia che il maggior pessimismo segnalato dalle imprese sia giustificato dalla loro percezioni sul potenziale impatto che dazi e protezionismo rischiano di generare sugli ordinativi, sulle catene di fornitura e sui prezzi. Quindi non possiamo escludere che, a causa della volatilità delle decisioni dell’Amministrazione americana in materia, il pessimismo possa essere frutto dell’emotività del momentum.

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Il dollaro alla verifica della decisione della Federal Reserve sui tassi
Nel mese di aprile abbiamo assistito ad una caduta significativa del dollaro in contrapposizione al principio basato sul rapporto di compensazione dei tassi di cambi rispetto all’imposizione dei dazi. La straordinarietà del comportamento della divisa americana appare nei termini più legata all’azione deterrente di alcuni paesi, in particolare Cina e Giappone, piuttosto che dal desiderio dell’Amministrazione di svalutare. I dollari prodotti dalla liquidazione dei Treasury Bond non sono stati negoziati direttamente sulle divise degli attori, quanto piuttosto contro euro. Ciò ha generato il movimento di forte apprezzamento della nostra moneta. Questo procedimento è stato particolarmente forzato nel caso dello yuan.
L’eur usd dai massimi segnati il 21 aprile in area 1,1575 sta ora subendo un ritracciamento piuttosto articolato che potrebbe preludere ad un ritorno verso area 1.1050/1.10. Come abbiamo anticipato nei nostri messaggi flash di venerdì, il trigger tecnico che dovrebbe segnare l’avvio dell’ulteriore gamba riflessiva coincide con il breakout di area 1.1325/1.13. Benché sia stato effettuato un primo tentativo dopo la lettura del dato sull’occupazione, riteniamo che il mercato preferirà attendere le parole di Powell dopo la conferenza stampa di mercoledì sera per produrre un eventuale nuovo tentativo.
Il differenziale tassi giustificherebbe un apprezzamento del dollaro, tuttavia la confusione generata dalle ondivaghe dichiarazioni del presidente Trump non facilitano il lavoro di quanti seguono i mercati valutari. Al momento, proprio per questo effetto elastico, il mercato preferisce osservare un atteggiamento più prudente nei confronti della divisa americana. L’euro rimane la moneta più liquida dopo il dollaro pertanto, nonostante i pessimi fondamentali, costituisce un’area di parcheggio preferenziale. Il nostro compito è quello di comprendere quando gli investitori ritorneranno a riconsiderare il differenziale tassi, espressione diretta dei sottostanti fondamentali.

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Anche la Bank of England riunisce il proprio Consiglio questa settimana per decidere sui tassi
Giovedì mattina la BoE si riunisce per decidere sui tassi. L’attesa stima un taglio di 25 bp. In base alle proiezioni del nostro modello, i rendimenti del Gilt 10Y potrebbero scendere dall’attuale 4,25 al 3,75% nei prossimi mesi. Il consensus di mercato prevede una serie di tagli dei tassi ufficiali nell’ordine di 75/100 bp a causa del rallentamento della crescita. Tuttavia la persistenza dell’inflazione oltre i livelli desiderati potrebbe indurre la Banca centrale a contenere l’orientamento accomodante. La sterlina ha recentemente ritracciato sull’euro ritornando a verso area 0,85. Bnel breve ci aspettiamo la formazione di un’area di minimi a quota 0,8450 eur gbp.

Giovedì alle ore 9.00 commenteremo in diretta streaming con INSIDE CENTRAL BANK in collaborazione con AITI le decisioni della FED con uno sguardo al meeting della BoE.