Secondo l’ultima indagine trimestrale del CNBC Global CFO Council, nei consigli di amministrazione di tutto il mondo quasi il 77% degli intervistati a livello globale ha qualche preoccupazione che l’Italia lasci la zona euro e l’Europa.
Il CNBC Global CFO Council rappresenta alcune delle più grandi aziende pubbliche e private del mondo, che gestiscono collettivamente oltre 4,5 trilioni di dollari in valore di mercato. Quasi due terzi dei CFO intervistati hanno affermato che un’uscita italiana potrebbe avere un impatto negativo sulle loro aziende nei prossimi sei mesi, mentre la percentuale sale al 90% se si chiede quali saranno gli effetti di una tale uscita sull’economia europea nel suo complesso.
Nei post che abbiamo pubblicato la scorsa settimana che rappresenta il nostro pensiero in termini di scenario tail risk, riteniamo che l’argomento costituisca più un tema mediatico che non una vera opzione in mano all’Italia. Ancor oggi riteniamo più probabile, sempre in termini di rischio, che sia la Germania con i paesi del nord Europa a costituire una nuova zona monetaria.
In altri termini crediamo più probabile uno sdoppiamento dell’euro all’interno di regime valutario flessibile.
Alcuni segnali che potrebbero dare valore a questa tesi emergerebbero nel rafforzamento del dollaro e di alcune monete del nord europa nei confronti dell’euro. Un ulteriore contributo potrebbe giungere dal rafforzamento dei governativi relativi ad emittenti appartenenti alle medesime aree finanziarie.
I rendimenti del 10 anni Germania nonostante la fine prospettata per il QE a dicembre continua a fluttuare in un’area tecnica riflessiva., a conferma degli acquisti operati in questa fase non più soltanto dalla BCE ma anche dal mercato.
La compressione dei rendimenti benchmark per l’Eurozona si contrappone alla tenuta di quelli USA. Lo spread tra il 10 anni US e l’analogo 10 anni DE quota ai massimi storici e continua a delineare un potenziale ulteriore allargamento.
Fra tutti gli indicatori macro che in qualche misura alimentano aspettative e dibattiti su un futuro meno ordinato dell’Eurozona vi è l’andamento di TARGET 2. La traiettoria divergente dei saldi tra Germania ed Italia e Spagna, la prima in forte surplus (950 mil eur) i secondi in grande disavanzo (oltre 400 mil) fornisce argomenti solidi sulla formulazione di varie ipotesi di scenario.
Nella confusione che si genererà nel corso dei prossimi mesi, vedi tabella impegni dell’Eurogruppo pubblicata da Amundi, vi sono in calendario diversi eventi che possono prestare il fianco ad un aumento delle tensioni.
Il valore del sondaggio condotto dal CNBC Global CFO Council consiste nella percentuale di CFO che si stanno ponendo il problema. Ognuno nella sua consapevolezza può ritenere l’evento Italexit o Gexit un ‘opzione probabile o meno. Ciò che non può non fare è iniziare a costruire piani e strategie operative nel caso in cui l’evoluzione delle circostanze dovessero condurci verso un break up dell’euro ed un suo riallineamento in Europa. Gli strumenti ci sono.
Da oggi il ministro dell’economia Giovanni Tria farà il suo esordio all’Eurogruppo, il “mini-parlamento” dei ministri delle finanze dei 19 Paesi che adottano l’euro. Qui sono stati decisi i destini della Grecia nel giugno-luglio 2015, qui si discuterà il futuro dell’euro. Sul tavolo c’è già infatti la riforma della moneta unica europea. Al momento le linee guida le hanno dettate Germania e Francia. Riguardano la trasformazione del MEF (Meccanismo europeo di stabilità) in un Fondo Monetario Europeo, con lo scopo di andare in soccorso dei Paesi col debito pubblico più alto in caso di crisi come nel 2011. Per contropartita il Fondo chiederà in garanzia gli asset pubblici. Ogni paese aderente parteciperà al Fondo con versamenti cospicui e potendo usufruirne a fronte di ipoteche sui beni pubblici.
La Francia propone il super-ministro europeo delle finanze, un soggetto che vigila sui conti pubblici dei Paesi dell’eurozona attraverso un meccanismo automatico sganciato dalle legittime istanze nazionali.
Secondo indiscrezioni l’Italia dovrebbe proporre una riforma della BCE consentendole di diventare prestatore di ultima istanza. Le posizioni politiche partono quindi da prospettive opposte.