Market Mover 3 luglio 2019
La nomina del Presidente del Fondo Monetario europeo al comando della BCE in successione a Mario Draghi lascia aperto il percorso di policy monetaria tracciato dall’attuale Governatore. In altri termini gli impegni annunciati da Draghi al recentissimo simposio di Sintra dovrebbero essere confermati dal nuovo candidato.
In sostanza il mercato, che nelle precedenti settimane aveva sovrappesato sul rapporto di cambio euro dollaro l’avvio di un allentamento da parte della FED promuovendo un rialzo dell’euro, è ritornato sui propri passi. Il segno di questo significativo ripensamento è dato dal ritorno delle contrattazioni sotto quota 1.1350 eur usd. Il passaggio squisitamente tecnico nei numeri ha ribadito ancora una volta il fallimento di un tentativo di riportare l’euro al di fuori di una tendenza strutturalmente riflessiva.
E questa è una buona notizia tra le tante meno confortanti. La casa Bianca ha lavorato molto per ottenere un risultato opposto a quello che stiamo osservando. Diversamente per quanto sta avvenendo in altre classi di attivi, le condizioni macro globali hanno prevalso sulle logiche politiche.
L’Eurozona continua a rimanere l’area economica che riporta maggiori debolezze in un quadro di crescita globale fortemente penalizzato.
Dalla nebbia che genera il caos generale emergono alcune linee piuttosto nitide: le banche centrali stanno predisponendo nuovamente gli strumenti per prevenire ulteriori rallentamenti della crescita nel mondo. In termini pubblicistici la BCE risulta quella maggiormente impegnata su questo fronte con intenti e dichiarazioni che lasciano pochi dubbi sulla direzione intrapresa già con il TLTRO. Le altre banche lavorano su un piano meno visibile ad occhio nudo ma egualmente efficace. La Federal Reserve invece cerca di controbilanciare tali misura con il taser. Come già anticipato ieri l’eur usd non solo ha evitato il rischio di abbattere la linea di demarcazione che lo trattiene all’interno di una tendenza riflessiva, area 1,1430, ma è anche sceso sotto quota 1.1350 convalidando il range su cui abbiamo fissato le nostre stime relative al campo di oscillazione nel breve termine. Questo campo rimane propedeutico ad ulteriori sviluppi di medio periodo in linea con l’Outlook che abbiamo elaborato lo scorso anno per il 2019. Rimanendo quindi confidenti sullo scenario delineato, non possiamo sottrarci dall’idea che il realismo della politica possa complicare più di quanto appaia chiaro il decorso tecnico delineato. E’ possibile che già nelle prossime ore D trump possa ritornare a chiedere con irruenza alla Fed di tagliare i tassi denunciando via twitter l’eccessiva forza del dollaro. 1,1250/40 costituirà in questi termini un banco di prova sul braccio di forza tra Casa Bianca e Fed.
Si tratta dal nostro punto di vista di una buona notizia per il Made in Italy. In un momento in cui i commerci internazionali continuano a perdere vigore, la competitività del cambio rimane uno strumento tattico per attenuare la congiuntura sfavorevole. A questo si aggiunga il rischio sempre più concreto di una attenzione sempre più pressante della Casa Bianca verso gli squilibri prodotti dalla bilancia commerciale tedesca, soprattutto ora che il fronte Cina ha perso nella sua dialettica con gli USA i toni aggressivi.