DAZI USA: Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato nel fine settimana che dal 9 luglio si apriranno i confronti per la finalizzazione di diversi accordi commerciali e ha aggiunto che notificherà ai Paesi con cui non è ancora stato raggiunto un accordo le aliquote tariffarie. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha spiegato che le aliquote tariffarie saranno stabilite entro il 9 luglio, ma entreranno in vigore il 1° agosto. Nel frattempo, Trump ha affermato che i Paesi che aderiscono ai BRICS, Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica (membri fondatori), Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti, saranno soggetti a dazi aggiuntivi del 10%, senza eccezioni. La dichiarazione giunge mentre a Rio de Janeiro, in Brasile, ha preso il via il 17° vertice dei BRICS.
Il Presidente americano minaccia di imporre all’UE sui prodotti alimentari una tariffa del 17%; 50% sull’acciaio e alluminio; 25% sulle auto. Qualora non si definisca un’accordo Trump minaccia di imporre una tariffa del 90%. Attualmente l’UE subisce dagli Usa dazi univoci del 10% su tutta una serie di merci; è anche la quota sulla quale molti Paesi, tra i quali la Germania e l’Italia, sarebbero disponibili a concludere l’accordo sin d’ora, allineandosi a quanto già fatto dal Governo inglese.
Oltre ai dazi Usa impattano sul mercato i recenti dati sul lavoro
Lo scorso giovedì il rapporto sul lavoro rilasciato dal U.S. Bureau of Labour Statistics ha riportato nel mese di giugno un aumentato degli occupati non agricoli pari a 147.000 unità, contro le aspettative di un aumento di 110.000 e la precedente revisione di 144.000. Il tasso di disoccupazione è sceso inaspettatamente al 4,1% il mese scorso, rispetto al 4,3% previsto e al 4,2% di maggio. Sulla scia del dato il mercato ha ritirato le aspettative su un taglio dei tassi da parte della Fed nella riunione di fine mese.
Nel frattempo la proiezione della stima sull’andamento del Pil sulla base del modello nowcast della Fed, GDPNOW, relativo al IIQ è stata aggiornata al 2,6%. Sono dati che allontanano a settembre, come del resto previsto, l’eventuale manovra accomodante della Riserva Federale, al netto dell’effetto dei dazi Usa.
Oltre ai Dazi Usa questa settimana i mercati seguiranno i verbali dell’ultima riunione della Fed
Mercoledì il mercato metterà a fuoco il verbale rilasciato dal Fomc, per approfondire le modalità con cui i vari consiglieri si sono espressi in merito alla decisione di giugno. In ogni caso dopo la lettura del dato sull’occupazione le probabilità che il Board mantenga agli attuali livelli i Fed Funds è risalita al 95%.
Oltre ai verbali Fed, il mercato seguirà alcuni market mover meno rilevanti, se si esclude la ripresa delle decisioni sui dazi Usa: in Australia si riunisce la RBA per decidere sui tassi con un’attesa riduzione di 25 bp da 3,85 a 3,60%, mentre in Nuova Zelanda si riunisce la RBNZ che dovrebbe mantenere i tassi fermi al 3,25%.
Il dollaro, come anticipato la scorsa settimana, conferma l’apertura di una reazione positiva
Il cambio eur usd dopo aver fissato un picco a 1.1845 ha aperto, confermando quanto anticipato la sorsa settimana, l’attesa correzione inizialmente indicata a 1.16. Questa mattina dopo un’apertura sotto 1.18 il mercato ha riattivato le vendite di euro coprendosi sul dollaro in attesa degli sviluppi che assumeranno i nuovi negoziati sui dazi Usa. Di conseguenza ci aspettiamo un primo test di area 1.1645 e successivamente 1.16 eur usd. La fascia di prezzo indicata rappresenta al momento soltanto un punto di riequilibrio dell’eccesso di comprato accumulato nelle ultime settimane. Si tratta di un importante test per verificare se l’euro si trova a fine corsa o se invece il processo di svalutazione del dollaro manterrà attiva la sua regressione.

I tassi di interesse potrebbero ritornare ad influenzare il mercato Forex
Il processo di disimpegno sul dollaro operato dai paesi Brics a seguito delle vicende geopolitiche e soprattutto dalla guerra commerciale innescata dall’Amministrazione Trump, aveva prodotto una frattura nel rapporto di correlazione positiva che intercorreva tra gli spread sui tassi e la divisa americana. L’episodio più evidente di questo breach è maturato agli inizi di aprile a seguito della contesa tra USA e Cina. Nelle ultime settimane il rapporto di correlazione è ritornato a convergere sulla base delle statistiche storiche.
I tassi ed il loro differenziale dovrebbero ristabilire quindi il loro rapporto di correlazione.
Osservando il comportamento del 10Y USA ed il 10 Y Germania, abbiamo rilevato un parziale restringimento dello spread causato da un ritorno di interesse sul Treasury Bond e la contestuale riluttanza dei rendimenti tedeschi ad abbandonare l’area 2.50%. La discesa dello spread da 200 a 175 bp ha accompagnato effettivamente l’eur usd a fissare i recenti massimi. Ci aspettiamo ora un bilanciamento del differenziale a conferma di una moderata ripresa del dollaro.
Sul tratto lungo della curva dei tassi Usa piuttosto che europei rileviamo una certa reticenza da parte degli investitori a creare le condizioni utili per un breakout dei livelli di supporto tecnico. Qualora tale difficoltà dovesse perdurare dovremmo aprire un focus sui rendimenti soprattutto in chiave di copertura rischi.

