Il Market Mover monitor della settimana si concentra soprattutto sul dato dell’inflazione USA che verrà pubblicato martedì 13. Seguirà venerdì quello dell’Eurozona.
L’attesa è particolarmente sentita dagli investitori in quanto si teme che l’inflazione sia meno transitoria di come la Fed sta comunicando. Il consensus propone una stima allo 0,4% mensile, in calo rispetto allo 0,7% del mese precedente. Ciò significa che su base annua il dato tendenziale riporta un 4% di crescita dei prezzi. Per l’Eurozona il mercato si aspetta invece un dato annuale leggermente al di sotto degli obbiettivi BCE all’1,9% con una crescita mensile dello 0,3%. In Germania i prezzi all’ingrosso sono saliti nell’ultimo anno del 10,7%.
Inutile ricordare che l’importanza del dato sull’inflazione è data dalle risposte che le banche centrali potrebbero dare in virtù del loro andamento. Nel Consiglio della Fed sono emersi diversi inviti a ridurre gli stimoli ed a considerare la necessità di un aumento dei tassi prima di quanto indicato dal presidente Powell. In Eurozona invece pur cavalcando l’ipotesi della transitorietà della crescita dei prezzi si tende a far scivolare nel 2023 il ritorno alla normalizzazione della politica monetaria, salvo ribadire che il Pepp, il programma di stimoli straordinario varato per far fronte alla pandemia.
Lo shift temporale tra l’eventuale azione restrittiva della Fed e quella della BCE ha spinto il mercato e soprattutto molti banche a rivedere le proprie indicazioni precedentemente formulate sul cambio eur usd.
La nostra posizione invece rimane sempre ancorata alla verifica dell’area 1,18/1,1770 dove da settimane abbiamo collocato il punto di svolta su un quadro favorevole alla divisa americana. In attesa della lettura del dato non escludiamo un ritorno degli scambi verso area 1,1950. Il punto rappresenta il limite superiore del range che al momento delimita il campo di oscillazione dei prezzi in attesa proprio della lettura del dato di domani.
Accanto al tema dell’inflazione in settimana avremo anche una serie di dati coincidente sull’andamento della produzione industriale, sulle vendite al dettaglio e sul Pil.
Particolarmente attesa la lettura di giovedì sulla crescita del Pil cinese relativa al secondo trimestre che si attesta a 1,2%. Il dato tendenziale consolida la crescita all’8,1% dopo il rimbalzo del I°Q al 18,3% con la produzione industriale che dal 8,8% scende al 7,8% annuale.
Negli Stati Uniti la produzione industriale dovrebbe consolidare allo 0,7% nel mese di giugno. Le vendite al dettaglio dovrebbero recuperare dal -1,3% di maggio a -0,4% di giugno.
Oltre ai dati economici il mercato analizzerà l’esito delle riunioni di politica monetaria di alcune banche centrali dell’area asiatica Giappone e Corea del Sud, dell’Australia, Nuova Zelanda e del Canada.
Nono sono attese azioni di rilievo, tuttavia si vuole catturare eventuali sfumature utili a coniugare due fattori su cui le banche stanno concentrando la loro narrativa: inflazione e purtroppo nuovi blocchi dovuti alla nuova ondata prodotta dalle varianti. Sullo sfondo rimangono infatti i nodi della supply chain che stanno mettendo in seria difficoltà gli scambi commerciali.
Le materie prime di cui abbiamo dato a maggio e giugni un segnale correttivo importante stanno perdendo momentum. Sul rapporto mensile di luglio abbiamo tracciato ancora un quadro in cui i realizzi operati dall’attività speculativa stanno mettendo in discussione il trend che sinora aveva dominato diverse commodity coperte dal nostro servizio di ricerca per l’attività dei Risk Managers.
Il rame ha recentemente verificato il nostro primo obbiettivo correttivo in area 9000 usd/ton (contratto LME) . Nel rapporto di luglio abbiamo fissato in area 9650 il limite della reazione successiva alla prima contrazione dei prezzi. La conferma della tenuta del livello spingerà gli operatori a liquidare ulteriori posizioni in ossequio ad un quadro che da correttivo rischia di assumere connotazioni negative allineate ai target segnalati.