Pensiamo che siano questi i due grandi temi su cui i mercati stanno mettendo fuoco per comprendere gli impatti che potranno produrre sui cambi e sui tassi d’interesse. Del resto benché apparentemente slegate le due questioni collidono tra loro. Da un lato aumentano le preoccupazioni sul ciclo di crescita in Europa, dall’altro vi sono le riflessioni sugli esiti delle elezioni ed il loro impatto economico. Negli ultimi giorni è aumentato il livello di confidenza sulla possibile vittoria repubblicana. Ne abbiamo parlato al 30° CONGRESSO AITI alla School of Management di Cà Foscari a Venezia.
Donald Trump ha indicato la possibilità di implementare le tariffe doganali sui beni cinesi fino al 60% e dazi iniziali fino al 10% su altri partner commerciali chiave. Riteniamo che questi dazi possano avere due effetti:
- Dinamica della bilancia dei pagamenti: Per gli Stati Uniti, l’implementazione dei dazi dovrebbe portare a una modesta contrazione del deficit commerciale statunitense, come conseguenza della significativa compressione delle importazioni. Di norma ciò comporterebbe un modesto apprezzamento del biglietto verde nel breve periodo.
- Beta della crescita: il beta della crescita misura gli effetti dei dazi sia sugli Stati Uniti che sui principali partner commerciali. L’ipotesi generale è che un beta della crescita negativo sia più pronunciato nel breve termine nelle economie colpite da tale misura, e che possa portare a deprezzamenti del cambio tra il 3% e il 6% su base ponderata per gli scambi con i principali partner commerciali. La conclusione che se ne può trarre è che le valute che presentano la quota più elevata di esportazioni di beni verso gli Stati Uniti sono le più esposte al rischio di un significativo deprezzamento del cambio, il che significa che il dollaro canadese, il peso messicano, lo yuan e l’euro presentano un potenziale di indebolimento a breve termine.
- Di converso un aumento delle tariffe potrebbe avere effetti positivi sulla Bilancia Commerciale ed impatti negativi sull’inflazione attesa. Di conseguenza il percorso avviato dalla Fed sul fronte della riduzione dei tassi potrebbe subire un impatto di segno opposto.
La Bce che sta discutendo con maggiore concretezza il programma di riduzione dei tassi per il prossimo anno, potrebbe modificare il percorso qualora la Fed si dimostrasse meno assertiva verso la riduzione dei tassi nel 2025.
Market Mover attesi in settimana: Mercato lavoro, PMI e aggiornamenti dei prezzi per guidare la politica monetaria degli Stati Uniti e dell’Eurozona
Ad influenzare l’andamento dei mercati fin dai primi giorni della settimana, oltre alle considerazioni sopra esposte, spiccano tra tutti l’attesa per i dati sugli occupati Usa di ottobre che verranno diffusi venerdì primo novembre. Gli analisti si aspettano che il dato subisca un rallentamento a causa degli sviluppi nel settore delle costruzioni aerospaziali e in alcune catene alberghiere. Altro evento da monitorare sarà il meeting della Banca del Giappone che si riunirà il 30 e il 31 ottobre. Infine il 30 ottobre è attesa la presentazione del primo budget del governo laburista in Gran Bretagna, all’insegna dell’aumento della spesa pubblica e delle tasse. La ministra delle Finanze Rachel Reeves ha detto che non farà lievitare il debito, memore della reazione dei mercati alla manovra presentata dalla premier Liz Truss nel 2022.
Le statistiche sull’occupazione Usa guideranno i movimenti di mercato
Questa settimana il mercato, oltre alla valutazione della stagione degli utili delle imprese quotate e le speculazioni sulle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, si concentrerà su alcuni input determinati da dati chiave per le impostazioni della politica monetaria sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona, tra cui aggiornamenti sull’inflazione, buste paga non agricole statunitensi e le stime del PIL relative al terzo trimestre. I mercati continuano a prestare molta attenzione all’andamento del mercato del lavoro per catturare nuovi indizi sullo stato di salute e di conseguenza per ponderare la reazione della Fed in merito alle potenziali mosse che potrebbe attuare nelle prossime riunioni di politica monetaria in calendario il 7 novembre ed il 18 dicembre. Mentre non sono attese particolari decisioni al prossimo Fomc, l’attesa di un taglio di ulteriori 25 bp gode al momento di una probabilità superiore al 70%. E’ per questa ragione che i mercati vogliono mettere assieme il dato sull’occupazione di venerdì con quello che sarà riportato ad inizio dicembre per ponderare il tenore dell’azione della Federal Reserve. Giovedì i dati sull’inflazione, PCE, anticiperanno le statistiche sull’occupazione fornendo ulteriori informazioni sul quadro dei fondamentali statunitensi a disposizione del Fomc per effettuare le opportune valutazioni.
I PMI manifatturieri completeranno l’analisi dello scenario congiunturale
I dati PMI manifatturieri ci aiuteranno inoltre ad aggiornare la nostra comprensione relative alle attuali tendenze sull’andamento della produzione, del commercio e dei prezzi industriali su scala globale.
I recenti dati del sondaggio PMI, compresi i numeri flash di ottobre , hanno chiaramente evidenziato come la crescita economica sia frenata dall’accresciuta incertezza geopolitica. A ottobre l’attività commerciale si è contratta per il secondo mese consecutivo nell’eurozona ed è scivolata in declino anche in Giappone. Nel frattempo, il Regno Unito ha visto la crescita indebolirsi bruscamente poiché l’incertezza in vista dell’imminente revisione della spesa pubblica nel bilancio autunnale ha esacerbato le preoccupazioni più ampie sul rischio geopolitico. Un’area che mostra una notevole resilienza è l’economia dei servizi degli Stati Uniti dove, nonostante un ulteriore calo della produzione manifatturiera a ottobre, il settore continua a guidare una solida crescita economica. Le attuali stime elaborate dall’algoritmo della Fed sull’andamento del GDP relativo al IIIQ segnalano un’espansione pari al 3,4%. Tuttavia, anche negli Stati Uniti, i sondaggi PMI hanno mostrato un ulteriore indebolimento del mercato del lavoro a ottobre poiché le aziende hanno citato una riluttanza ad assumere in mezzo alle più che incerte prospettive economiche.
Cambio della maggioranza di Governo in Giappone
in evidenza un potenziale eccesso di reazione rispetto alla precedente caduta del Alle elezioni del fine settimana il partito di governo in Giappone – il Partito democratico liberale – ha perso la maggioranza in parlamento ottenendo il peggior risultato dal 2009. Il Pdl – la formazione del premier Shigeru Ishiba, al potere pressoché ininterrottamente dal dopo guerra – e il partito alleato Komeito hanno ottenuto 215 seggi alla camera bassa, al di sotto dei 233 necessari per avere la maggioranza. In precedenza, il Pdl aveva 247 seggi e Komeito 32. Il risultato potrebbe costringere i partiti a un lungo e laborioso accordo per governare, determinando una maggior instabilità sui mercati. L’esito del voto ha penalizzato lo yen che è sceso in area 165 contro euro, mentre i listini si sono apprezzati. Il nostro modello segnala un potenziale eccesso di reazione del cambio. Ci aspettiamo che i valori dopo una breve fase di consolidamento possano rientrare nel range 1635-155 riattivando le condizioni per maturare l’attesa inversione di tendenza.
Banche centrali
BCE – Il banchiere centrale olandese Knot ha dichiarato in un intervista che la Bce farebbe bene a mantenere le porte aperte in merito alla decisione sul potenziale ulteriore taglio dei tassi nella riunione di dicembre. Ci aspettiamo un intervento di 25 punti base. Il calendario economico prevede mercoledì per l’Eurozona la pubblicazione del dato preliminare sul Pil relativo al terzo trimestre e giovedì la stima ‘flash’ sull’inflazione di ottobre. Entrambi i dati saranno pesati nell’ottica del taglio dei tassi da parte della Banca centrale. Da notare che circolano rumors secondo cui la BCE potrebbe operare un taglio di 50 punti base a dicembre, in seguito ai segnali di difficoltà presenti in Europa. Benché riteniamo che l’ampiezza della misura risulti adeguata alla congiuntura, pensiamo che per coerenza soltanto nel caso in cui i dati sull’inflazione, in uscita questa settimana, risultino estremamente deboli e che la stima anticipata del PIL per il terzo trimestre confermi il quadro di stagnazione/decrescita allineata agli esiti dei sondaggi PMI possa giustificare tali attese.
CINA PBoC – La banca centrale cinese ha lanciato un nuovo strumento di prestito per iniettare più liquidità nel mercato e sostenere il credito nel sistema bancario prima della scadenze di prestiti per migliaia di miliardi di yuan a fine anno. La Banca centrale cinese ha detto in un comunicato di aver attivato le operazioni di reverse repo per “mantenere una ragionevole abbondanza di liquidità nel sistema bancario e arricchire ulteriormente gli strumenti a disposizione dell’istituto centrale”. Entro fine anno scadranno circa 2.900 miliardi di yuan in prestiti a medio termine.
Giappone – Giovedì la Bank of Japan riunisce il Consiglio per decidere sui tassi. Alle prese con una riflessione interna su come comunicare con i mercati, pur mantenendo il suo approccio sull’attuale linea di tassi molto bassi, segnalando tuttavia la prospettiva di una politica meno accomodante sulla scia di minori timori per la recessione Usa. Gli analisti si aspettano che la banca centrale mantenga i tassi invariati a 0,25% attendendo segnali meno accomodanti dalla conferenza stampa che il Governatore rilascerà a conclusione del Consiglio.